Nota della redazione:
L’enologo Tablino, familiarmente detto Tablo, un veterano di Millevigne, ci ha mandato uno scritto che sta a metà tra il racconto e la testimonianza, ognuno può interpretarlo come vuole. La lettura è consigliata a tutti, ma soprattutto ai giovani, perché apre una finestra su un mondo che non esiste più. Per fortuna, probabilmente.
Di Lorenzo Tablino
35 anni sono passati dall’imprevedibile tragedia che colpì il settore vitivinicolo italiano.
Quando i telegiornali della sera, il 17 marzo del 1986, annunciarono i primi morti o ricoverati a causa di consumo di vino sospetto di adulterazione, nessuno poteva immaginare cosa sarebbe successo nei giorni seguenti. Lo scandalo del vino al metanolo causò 19 morti e 15 feriti gravi, arresti, inchieste giudiziarie e relative condanne. Inoltre segnò un immediato calo dei consumi e una pericolosa caduta di immagine del vino italiano.
Per fortuna il settore reagì in tempi brevi e in modo razionale, ammettendo alcune carenze e ambiguità: dai controlli che non funzionavano, ai prezzi troppo bassi, alla legislazione carente o inesistente. Soprattutto mancava un’adeguata informazione alimentare verso i consumatori.
Può sembrare un paradosso, ma il metanolo segnò uno spartiacque. Di fatto iniziò una vera e propria riscossa. “Vinceranno gli onesti” è la frase più bella che ricordi di quei giorni, mentre realisticamente Renato Ratti, a nome del Consorzio Vini Albesi, cercava di arrivare alle fonti del metanolo, ovvero si chiedeva: quel maledetto vino da dove è arrivato?
Una nuova sensibilità cominciò a diffondersi. Nacquero in quegli anni nuovi movimenti di consumatori, nel 1987 la prima guida dei vini italiani edita da Slow Food – Gambero Rosso conquistò nuovi appassionati, segnalando cantine da preferire per gli acquisti di vino.
Anni dopo tutto il Piemonte vitivinicolo cadeva sotto il cappello delle DOC regionali. Era iniziata una nuova era.