Giunto alla sua seconda edizione il Simposio Internazionale della Syrah, organizzato dal Consorzio Vini di Cortona, con il coordinamento scientifico di Raffaele Guzzon della Fondazione Edmund Mach, ha affrontato quest’anno il tema caldissimo del cambiamento climatico in vigneto.
Alessandra Biondi Bartolini
Con l’intervento di scienziati, agronomi, enologi e produttori, sono stati presentati il 17 marzo scorso temi oggi ricorrenti come l’impatto della crisi climatica sulle produzioni e sulla qualità dei vini nelle regioni mediterranee o le possibili strategie di adattamento per affrontarla.
Il quadro complessivo dei fenomeni climatici e le informazioni che abbiamo dai modelli climatici e agronomici sulle possibili evoluzioni future, è stato tracciato da Marco Moriondo del CNR IBE di Firenze. Quello a cui si già sta assistendo nelle regioni del Mediterraneo, ha spiegato Moriondo, è non solo la progressiva crescita delle temperature, che porta con sé una serie di estremi climatici allarmanti, ma anche la riduzione dei giorni di pioggia, con la conseguenza di periodi fortemente siccitosi che si alternano a piogge di forte intensità, inefficaci se non dannose nella creazione delle riserve di acqua nei suoli. Gli effetti sulla fisiologia della vite e sulle produzioni in termini di rese e di qualità delle uve, sono analizzabili con l’aiuto della modellazione agronomica e dei modelli empirici.

Ma è evidente come molti di questi fenomeni siano già sotto gli occhi di tutti, con alcuni ambienti, regioni e varietà che si stanno dimostrando più resilienti di altri, e con situazioni inedite come la forte siccità che sta colpendo più gravemente le regioni del Nord mentre i produttori del Sud sperimentano eventi per loro nuovi come i danni legati alle gelate tardive o alla grandine.
Danni conosciuti e fenomeni nuovi in vigneto
Gli stress legati all’esposizione a calore, luce e carenza idrica sono sempre più studiati. L’obiettivo è avere informazioni sulla reazione delle piante a condizioni che precedentemente non erano state descritte o indagate, come ad esempio, ha spiegato Alberto Palliotti dell’Università di Perugia, nel caso di eventi estremi e prolungati che avvengono sempre più precocemente.
Ma si osservano anche altri fenomeni che nel breve o nel lungo periodo possono avere un’influenza sulla produzione, come l’attività ininterrotta delle femminelle, i germogliamenti molto anticipati senza che la vite abbia soddisfatto necessario riposo o l’incremento delle mutazioni.
Alcuni fenomeni variano con il vitigno e in questo senso ha spiegato Palliotti, il Syrah ad esempio ha evidenziato una scarsa capacità di reagire allo stress idrico, rispondendo solo tardivamente con la chiusura degli stomi e di conseguenza evidenziando una scarsa efficienza nell’uso dell’acqua.
Un altro rischio è quello legato allo smoke taint in caso di vicinanza dei vigneti agli incendi che sempre più spesso avvengono anche nelle regioni viticole: nella formazione di composti fenolici glicoconiugati in grado di idrolizzarsi anche a distanza dal periodo vinificazione, il Syrah è uno dei vitigni più sensibili.
Anche le scottature, ha spiegato Federico Ricci di Consulente Enologica, sono un fenomeno sempre più diffuso che in caso di esposizione combinata alla luce e al calore porta molto rapidamente (si parla di un’ora a 46-49 gradi e di soli 10 minuti quando la superficie del grappolo raggiunge i 52 gradi), alla degenerazione dei sistemi di risposta e protezione dell’acino. La conseguenza è l’alterazione nella composizione delle uve come la riduzione del contenuto in carotenoidi, la variazione nella composizione e diminuzione degli antociani, l’ossidazione dei polifenoli e il consumo del glutatione, oltre naturalmente alla perdita di acidità e alla concentrazione degli zuccheri.
Che fare quindi? Gli strumenti di adattamento per limitare i danni vanno dal controllo della traspirazione e la protezione dall’eccesso radiativo, con l’uso degli antitraspiranti, le reti ombreggianti o il caolino, al ritardo delle fasi fenologiche con la potatura tardiva o la sfogliatura della parte centrale della parete e all’uso dell’irrigazione. Anche l’applicazione dei biostimolanti o di prodotti a base di lieviti inattivati o metaboliti dei batteri, come nei trattamenti descritti da Fabrizio Battista di Lallemand, permettono alle piante di attivare le risposte di difesa allo stress e di proteggere i sistemi che permettono la conservazione dell’acqua e la termoregolazione a livello cellulare.
Naturalmente ogni tecnica deve essere contestualizzata nell’ambiente dove si va ad applicare: nel caso del diradamento dei grappoli ad esempio, nei risultati della sperimentazione svolta in Sicilia e presentata da Fabrizio Cincotta dell’Università di Messina, è stato osservato l’anticipo nella maturazione accompagnato da un effetto positivo sul contenuto fenolico delle uve e sulla conservazione della qualità aromatica e dei composti volatili responsabili dei caratteri fruttati e speziati del Syrah.

Indici e strumenti di monitoraggio adeguati
Fondamentale in un quadro di questo tipo è la disponibilità di sistemi di rilevamento delle condizioni ambientali e dello stato fisiologico della vite, come è anche necessario utilizzare degli indici affidabili per stimare l’andamento della maturazione e l’evoluzione della bacca per definire la migliore data di vendemmia.
Un quadro complessivo sulle possibilità di monitoraggio e di intervento, rese possibili dagli strumenti di viticoltura di precisione, è stato tracciato da Paolo Storchi del CREA di Arezzo, mentre Guillame Antalik dell’Università di Nova Gorika ha descritto l’uso del parametro di contenuto in zuccheri dei singoli acini, utile a definire con più precisione i fenomeni di accumulo (e non di concentrazione o appassimento) che avvengono all’interno dell’acino.
Una crescente attenzione al suolo e all’ecosistema
Continua l’attenzione al suolo e alla fertilità, a lungo trascurati nei decenni scorsi e invece in grado non solo di interagire con l’espressione della qualità delle uve e dei vini, ma anche di fornire servizi ecosistemici fondamentali e rendere il vigneto più resiliente al cambiamento e agli stress.
Matteo Gatti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza ha presentato il progetto Resilvigna, sulla gestione della copertura vegetale del suolo in vigneto, con la scelta dei miscugli e lo studio dell’impatto che le diverse possibili terminazioni – con sovescio, rullatura o sfalcio e andanatura della biomassa – possono avere sulla vegetazione e la produzione. I lettori di Millevigne possono leggere i risultati del progetto sull’articolo “Gestire il suolo per aumentare la resilienza idrica del vigneto” di Leonardo Cunial, Despoina Maria Bampa, Joelle Bovet, Stefano Poni e Matteo Gatti, pubblicato sul numero 4 del 2022.
Molto interessante anche il passaggio in cui Vincenzo Mercurio ha richiamato alla necessità di fare un salto, guardando alla viticoltura con uno sguardo nuovo, più collaborativo (di integrazione e dialogo tra il lavoro del vigneto e quello della cantina), attento al resto dell’ecosistema e meno concentrato su se stesso (siamo passati dal Super io al povero me in un momento, ha affermato l’enologo campano). Per cambiare approccio, passando da una visione agonistica (che contempla ad esempio la competizione per le risorse con gli altri settori come già sta avvenendo per l’acqua) ad una di difesa (miglioriamo la capacità dei suoli di conservare acqua e sostanza organica), occorre secondo Mercurio portare e integrare nella viticoltura concetti provenienti da altri mondi come quello della permacoltura.
Un passo indietro che anche il produttore marchigiano Corrado Dottori invita a fare, non solo per comprendere la necessità di osservare il vigneto inserendolo nel suo ecosistema e comprendendo meglio il ruolo di tutti gli elementi che lo compongono, i microrganismi, le micorrizze, gli alberi ecc, ma anche per riflettere sulla necessità forse di accettare i cambiamenti senza inseguire il modello enologico esistente a tutti i costi che, come anche lo stesso concetto di terroir, tutto sommato sono molto recenti.
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