in apertura: un’ape si nutre di mosto sulla tramoggia di una pigiatrice (cantina Pietro Arditi)
La necessità, in molte zone viticole, di ricorrere all’uso di insetticidi per la difesa della vite provoca da tempo conflittualità tra viticoltori (e frutticoltori) e apicoltori a causa dei rischi per la vita delle api e degli altri impollinatori connessi all’uso di questi pesticidi. Il problema è particolarmente sentito nelle zone colpite dalla flavescenza dorata, dove vige la lotta obbligatoria contro il vettore. Mezzi del tutto innocui per le api, utilizzati per combattere altri insetti, non sono particolarmente efficaci nel contenimento della cicalina scafoideo. Anche se le api non amano particolarmente bottinare dai fiori di vite, durante la fioritura comunque li frequentano, e poi c’è il problema della fioritura di erbe spontanee nel caso dei vigneti inerbiti. Convivenza difficile quindi, ma un’oculata scelta dei prodotti, dei metodi di gestione e dei tempi di intervento la rendono possibile: un vigneto frequentato da impollinatori è per ciò stesso un vigneto sano e biologicamente equilibrato.
Le Manzane
A San Pietro di Feletto è nato il “giardino delle api” tra i filari della tenuta Le Manzane. «Un ritorno al passato – spiega Ernesto Balbinot, titolare della cantina di San Pietro di Feletto – perché una volta avevamo le arnie nei vigneti e le api facevano parte del nostro mondo agricolo».
La cantina Le Manzane ha deciso, così, di aderire al progetto di ricerca Eno Bee per il reinserimento dell’ape in vigneto, mentre i ragazzi con disabilità dell’associazione “Casa Maria Adelaide da Sacco” onlus di Vidor, coinvolti dal direttore del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG, Diego Tomasi, che ha anche sostenuto l’iniziativa, hanno colorato e dipinto le arnie. «Per poter aderire al modello Eno Bee – spiega Mariagrazia De Belli di Enomarket che ha seguito il progetto – le aziende devono principalmente dimostrare una sensibilità ambientale volta all’implementazione della biodiversità; le buone pratiche agricole e l’attenzione al produrre mettendo in primo piano l’ambiente sono le prerogative per una dimostrazione di sostenibilità. Le normative e le certificazioni di sistema come SQNPI fanno il resto».
«Le api fanno bene al vigneto – continua Mariagrazia De Belli – perché implementano “l’entomofauna utile”, sono sentinelle ambientali e, in caso di grandinate a ridosso della raccolta, sanitizzano l’acino». «Avere le api in vigneto è vantaggioso – conferma Luca De Zanet, agrotecnico della cantina Le Manzane – perché sono dei buoni vettori di lieviti e quest’ultimi favoriscono la cicatrizzazione della buccia degli acini in caso di rottura a causa di eventi metereologici avversi. Evitano così una facile diffusione di patologie come il marciume acido. In più, in annate molto piovose, durante la fioritura, migliorano e contribuiscono all’impollinazione. Viceversa, il vigneto fa bene alle api perché mette loro a disposizione, fin dall’inizio della primavera, fiori ricchi di polline come il tarassaco e il trifoglio. Poi, se vengono seguite le pratiche consigliate dal sistema SQNPI e viene attuato lo sfalcio dell’erba a filari alterni, le api troveranno sempre dei vigneti con piante ricche di fiori su cui nutrirsi».
Le aziende che hanno aderito al progetto eno bees sono molte, alcune ospitano apiari di apicoltori altre ne sono proprietarie: Blazic, Butussi, Castello di Spessa, Gradis’ciutta, Keber Edi, Keber Renato, La Badie, Maniero Ermanno, Picech Roberto, Ronco Blanchis, Ronco dei Tassi, Sgubin, Sturm, Specogna, Tiare, Tenuta Borgo Conventi, Venica e Venica.
Recentemente anche il gruppo Pernod Ricard ha avviato un progetto di ricerca sulle api con la creazione di un’oasi naturalistica a Mortara e altre iniziative collegate.