“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Le parole del giovane Tancredi nel Gattopardo parlano della conservazione di un privilegio, qui invece vogliamo parlare di tutela di un settore produttivo, che messo oggi di fronte non solo alla crisi climatica, ma anche a quelle economica ed energetica, sta affrontando una serie di cambiamenti importanti. E se ancora non lo sta facendo, dovrà farlo prestissimo – le alternative al cambiamento non ci sono – per conservare la sua capacità di produrre valore, lavoro, bellezza e ricchezza paesaggistica, qualità ed eccellenza del Made in Italy, ma anche per migliorare ognuno di questi aspetti. Ma per mantenere il primato e l’eccellenza nel mondo, occorre davvero che tutto cambi e che i viticoltori possano avere gli strumenti, non solo tecnici, ma anche politici per farlo.
Occorre cambiare il modo di produrre e di proteggere il vigneto, migliorando le conoscenze su suolo e ambiente e sulla loro interazione con la pianta e gli agenti delle malattie. Occorre conoscere più nel dettaglio tutti i mezzi tecnici – prodotti per la difesa, corroboranti, biostimolanti
e induttori di resistenza – per utilizzarli in modo sinergico in una viticoltura a ridotto utilizzo di input. Che si può fare lo hanno dimostrato i ricercatori, tecnici, viticoltori e vivaisti del progetto dimostrativo LIFE Green Grapes, del quale con questo numero inviamo a tutti i nostri lettori il
Manuale Operativo. Le tecniche che nei tre anni di prove sono state introdotte nei nuovi protocolli – uso di quantità ridotte di fitofarmaci, inerbimento, protezione della biodiversità, viticoltura biologica – saranno i temi degli ecoschemi che la nuova PAC introdurrà, a sostegno dei comportamenti virtuosi nei confronti dell’ambiente, a partire dal 2023.
Ma non sempre il percorso delle norme è così coerente con la necessità di cambiamento. Occorre cambiare l’atteggiamento nei confronti di tecniche come l’irrigazione, giudicate con chiavi di lettura che appartengono al passato e a mondi che non ci sono più. I continui eventi di stress
termico e idrico rendono sempre più evidente come l’irrigazione, realizzata con gli strumenti propri della viticoltura di precisione descritti da Davide Modina nel suo articolo a pagina 4, sia da considerarsi uno strumento necessario per ottenere uve di qualità, abbandonando definizioni
ambigue come quella di “irrigazione di soccorso”, che sottintendono per essa un ruolo di “male necessario e occasionale”.
Occorre cambiare l’atteggiamento nei confronti delle tecnologie di miglioramento genetico più avanzate: le NBT o TEA delle quali parla approfonditamente Maurizio Gily nell’articolo di pagina 18 (Open Access sul sito, ndr) sono in grado di dare varietà e cloni resistenti alle malattie con bassissima necessità di input chimici, fornendo uno strumento senza precedenti per migliorare la sostenibilità dei territori viticoli.
Eppure il futuro delle nostre varietà, frutto di ricerca scientifica recentissima e avanzatissima, continua solo per motivi ideologici a restare invischiato tra le trame di una Direttiva sugli OGM che risale al 1990.
Occorre che l’agricoltura biologica nella quale tanti viticoltori trovano modo di riconoscersi e di perseguire obiettivi di sostenibilità, possa crescere, migliorare, evolversi e risolvere criticità tecniche e burocratiche. Eppure la legge sul biologico continua dal 2018 a rimbalzare tra Camera e Senato.
Occorre che i viticoltori possano portare ai loro clienti una certificazione unica e riconoscibile dei loro sforzi per produrre in modo sostenibile. Eppure lo Standard Unico di sostenibilità per la viticoltura, atteso e perseguito ormai da diversi anni, non è ancora a regime e a disposizione delle
aziende.
Occorre che i produttori per i quali vendite, prezzi e ricavi stanno finalmente registrando una ripresa interessante, possano muoversi agevolmente all’interno di canali e accordi commerciali internazionali, laddove invece la loro sicurezza dipende sempre più spesso da assetti geopolitici e dazi del tutto estranei al settore vitivinicolo o alimentare.
Non se vogliamo che la viticoltura resti com’è ma perché migliori, e non per difendere un privilegio – che non è mai stato quello di fare agricoltura – ma per la sopravvivenza stessa del settore, dei vini italiani e dell’ambiente delle nostre campagne, quindi bisogna che tutto cambi e che lo faccia in fretta.
Se vogliamo che tutto cambi occorre che anche il vecchio Principe di Salina lasci il posto ai giovani e al loro futuro.
Magari già dal 2022 al quale vi diamo l’arrivederci rinnovando a tutti voi e alle vostre famiglie il nostro migliore augurio di Buon Natale e Felice Anno Nuovo.