Si moltiplicano gli appelli contro l’eccesso di burocrazia che soffoca le aziende vitivinicole (e non solo loro). Anche il fondatore di Slow Food Carlo Petrini si è fatto interprete della protesta dei vignaioli sulle pagine di “Repubblica”. Troppi enti di controllo, procedure complicate, sperequazione tra gravità delle infrazioni (in particolare i cosiddetti errori formali) e severità delle pene, e tra grandi imprese, che possono dedicare una o più persone alla “burocrazia”, e piccole imprese, che non se lo possono permettere. Queste proteste sono in massima parte sacrosante. Tuttavia, come scriveva un poeta, la semplicità è difficile a farsi. E, se non vuol essere solo propaganda, occorre prendere atto che, a farla, non possono essere le stesse amministrazioni, gli stessi enti, le stesse persone che hanno creato la complicazione: ognuno difenderà il suo ruolo e il suo “timbro”, trincerandosi dietro la teoria del “nonsipuotismo”: serve una rivoluzione culturale e, a mio modesto avviso, un robusto apporto di professionalità esterne: esperti di sistemi complessi e privi delle incrostazioni del sistema. Tra i vari controllori del traffico, quelli di livello provinciale dovrebbero decadere in seguito al ridimensionamento del ruolo delle province. Per il resto, l’argomento è vasto e va affrontato nelle sedi opportune, partendo da alcune premesse:
Il settore agricolo è aiutato da risorse pubbliche, ed – è giusto che lo sia, per il suo valore strategico. Ovviamente Unione Europea, Stato, Regione vogliono controllare come si spende il denaro pubblico e questo genera burocrazia (PAC, PSR, etc.) Prendere i contributi non è obbligatorio: se non si fa, si riduce la burocrazia. Ma conviene? Le certificazioni di processo e di prodotto generano, ine- – vitabilmente, carichi burocratici: Si può farne a meno e ridurre la burocrazia. Ma conviene fare a meno della DOC o della DOCG? Conviene fare a meno della certificazione BIO per chi è in biologico? No. Ma semplificare queste procedure deve essere possibile, mantenendo e forse aumentando l’efficacia dei controlli. In vari casi l’autocertificazione, con controlli a campio- – ne anziché a tappeto, sarebbe una buona soluzione, a patto di sapere che la medaglia ha un lato B: l’assunzione di responsabilità. Di ciò che dichiaro sono responsabile e se dichiaro il falso sono un falsario, con ciò che ne consegue. (Quando però a sbagliare è l’amministrazione opera, invece, la virtù cristiana del perdono).
Per i viticoltori la madre di tutte le complicazioni è la – folle, eterna vicenda dello “schedario viticolo” e delle misure delle superfici. Il sistema basato sulle foto aeree si è dimostrato poco compatibile con il nostro catasto: è ora che questa vicenda si chiuda, decidendo una volta per tutte (o almeno per un trentennio) quanta terra spetta a ciascuno: chi ha obiezioni, come ai matrimoni, parli ora o taccia per sempre; Una notevole semplificazione sarebbe possibile esten- – dendo le procedure digitali. Ipoteticamente l’intero sistema di verifica documentale di una DOC potrebbe stare su un unico “server” al quale le aziende potrebbero accedere in modo interattivo attraverso la rete, sotto l’egida dell’ICQ, evitando tutte le comunicazioni via posta e fax e forse addirittura rendendo superfluo il certificatore esterno, ferma restando la possibilità dell’autorità di effettuare ispezioni di verifica. Benché questa “cloud” già esista, e si chiami SIAN, molti fattori sono di impedimento ad un suo funzionamento più efficace: il divario digitale che lascia ancora molte zone isolate e prive di collegamenti internet veloci; la messa a punto e la condivisione degli strumenti e dei software (oggi vigono procedure diverse, tra regioni e DOC diverse, e per ciascuno il suo sistema è, naturalmente, migliore degli altri); l’impreparazione di molte aziende a questo salto tecnologico. E a questo proposito va detto, pur con tutta la comprensione, che se cinquanta anni fa non sarebbe stato possibile gestire un’attività, anche piccola, senza saper leggere e scrivere, allo stesso modo oggi non si può fare essendo “disconnessi” dal sistema digitale globale. E’ anche un buon incentivo per convincere qualche patriarca a lasciare le redini ai più giovani … anche se conosco ottantenni che smanettano su internet meglio di me e magari con l’I-pad (che io non ho). Non è mai troppo tardi. Se semplificare vuol dire lasciare che ognuno faccia – cosa gli pare o quasi, un ritornello che si sente spesso, trovando talvolta anche pericolose sponde politiche, si sappia che a perderci sarebbero soprattutto i piccoli e gli onesti. Per migliorare e semplificare il sistema si può fare molto. Ma, se vogliamo che il vino di qualità sia tutelato, di un po’ di cartacce e di controlli non potremo mai fare a meno. Oggi nove viticoltori su dieci metterebbero la burocrazia al primo posto tra le loro “ossessioni”. Trenta anni fa, ero giovane ma me lo ricordo, mettevano la sofisticazione e le frodi. Qualcosa vorrà dire.
L'Editoriale Numero: 01 / 2012
Burocrazia, tirannosauro del nostro tempo
Troppi enti di controllo, procedure complicate, sperequazione tra gravità delle infrazioni (in particolare i cosiddetti errori formali) e severità delle pene, e tra grandi imprese, che possono dedicare una o più persone alla “burocrazia”, e piccole imprese, che non se lo possono permettere. Queste proteste sono in massima parte sacrosante. Tuttavia, come scriveva un poeta, la semplicità è difficile a farsi.
Maurizio Gily
