Al punto vendita della cantina Terre del Barolo di Castiglione Falletto si incontra un “corner” denominato “Arnaldo Rivera”, dove si possono acquistare alcuni tra i migliori vini dell’unica cooperativa che vinifica uve nelle terre del Barolo e che portano in etichetta proprio quel nome.
Ma chi era Arnaldo Rivera? Un maestro, un partigiano, un sindaco e il primo presidente della cantina. Una figura di altissimo profilo morale ancora oggi ben ricordata in tanti paesi di Langa e del Piemonte. Gianluigi Biestro, direttore della Vignaioli Piemontesi, ha conosciuto Arnaldo Rivera sia sul piano professionale, sia sul piano umano. “Dopo il diploma di Enotecnico conseguito in Alba, nel 1976, mi iscrissi ad un corso sulla cooperazione presso la Scuola di Amministrazione Aziendale dell’Università di Torino. Mia intenzione era di entrare nel sistema cooperativo piemontese. Arnaldo Rivera venne a tenere una lezione a Torino; in seguito ebbi l’occasione di effettuare uno stage presso la cantina “Terre del Barolo”, di cui Rivera era Presidente. Con il collega Giancarlo Montaldo introducemmo nuovi sistemi di registrazione sui registri obbligatori della cantina. Nel 1979 Rivera aderì con la cantina Terre del Barolo all’associazione Piemonte Asprovit, ove avevo iniziato la mia attività lavorativa. L’adesione della sua cantina fu determinante, così come il suo apporto personale per il carisma di cui godeva. Il suo esempio fu seguito da altre cantine sociali: Vezza, Govone, Castagnito, Produttori del Barbaresco. Rivera divenne nel 1980 amministratore e vicepresidente di Asprovit e lo rimase sino alla sua morte nel 1987. Dette un grande impulso alla cooperazione piemontese. Infatti era rimasto molto amareggiato dalla triste vicenda del fallimento del Consorzio Cooperative Asti Nord (1965). Si impegnò con molta energia e determinazione per creare una cooperazione di secondo grado capace di portare sul mercato il vino in bottiglia e non soltanto lo sfuso. In quest’ottica venne creato il Consorzio Cantine Produttori “Vecchio Piemonte” e contemporaneamente l’Asprovit aderì ad Enocoop di Moriondo Torinese, ora Terre da Vino in Barolo. Rivera fu un grande dirigente, comprensivo sul piano umano e sempre pronto a valorizzare i collaboratori; molte volte mi chiese di sostituirlo in riunioni a Roma nell’ambito delle Federcantine, in altre occasioni lo accompagnai in macchina presso riunioni a eventi particolari. Conservo a distanza di anni un bellissimo ricordo, certo che rimarrà immutato nel tempo”.
La Cantina Sociale Terre del Barolo nacque nel 1958 grazie a 40 viticoltori. L’atto costitutivo riporta quaranta firme, l’ultima è quella di Arnaldo. “L’anno millenovecentocinquantotto alle otto del mese di dicembre in Gallo Grinzane in una sala del municipio in via Garibaldi, avanti a me notaio Ferrero dottor Italo sono comparsi i signori (…) viticoltori di Castiglione Falletto, Serralunga, Monforte, Barolo, La Morra.” E’ la chiosa di un lungo percorso iniziato anni prima, che aveva visto Arnaldo Rivera impegnarsi in prima persona. Negli anni ‘50 del secolo scorso i viticoltori non avevano nessun potere contrattuale in fatto di vendita di uve. Tutto era in mano a mediatori e commercianti. Rivera prese contatti con i parroci e messi comunali, andò nelle frazioni dei paesi di Langa e all’Ispettorato Agrario.
Altra gente lo contattò: un geometra che aveva esperienze nella costruzione di cooperative del consorzio denominato “Asti Nord”; un vecchio socialista del partito dei contadini. Rivera ascoltava, poi decideva in modo autonomo. Niente adesione al Consorzio cooperativo “Asti Nord”, che anni dopo fu protagonista di drammatiche vicende che portarono al fallimento delle 10 cantine aderenti; scelse per la costruzione un’impresa di Incisa Scapaccino. Il mattino del diciotto giugno 1959 iniziarono lavori, i muratori spostano i covoni del grano falciato qualche giorno prima. Rivera è presente, discute, verifica; è molto prudente, anche i soci vengono a vedere. “Pigeremo le uve a ottobre?” domandano. “Spero” risponde Rivera. Si parte in mezzo a mille difficoltà. Tra l’altro i soci erano perplessi sul fatto che si misurasse il grado zuccherino prima dello scarico delle uve nella pigiatrice. Armando, un giovane enologo assunto per la vendemmia, leggeva sul mostimetro Babo: 18,5. “Non abbiamo mai venduto a gradi”, mugugnavano in molti. Ma tutti i soci consegnarono le uve. Superando notevoli difficoltà e grazie a validi collaboratori, citiamo per tutti Oreste e Carlo Brovia e, in seguito, Beppe Veglio e Roberto Scatizzi, la cantina sociale “Terre del Barolo” cresce negli anni, consolida i progetti iniziali, incrementa produzione e numero di associati. Nel 1964 i soci ormai sono 400 e consegnano 400.00 quintali di uva. Gli anni successivi sono contraddistinti da un dinamismo di cui Rivera è motore instancabile. Si acquista la prima linea d’imbottigliamento automatica da 3000 pezzi /ora. Anna, la moglie di Rivera, disegna la prima etichetta mentre nel 1978 si vinificano in purezza le uve delle “Rocche” di Castiglione Falletto, un cru ad altissima vocazione. Purtroppo Rivera non riuscirà a completare il suo percorso.
Da “Il Maestro” di Lorenzo Tablino, Barolo & Co, 1998:
Castiglione Falletto, 1987. Ancora qualche gradino, deve fermarsi. Accorre un cantiniere. «È il cuore – dice Rivera-, cerca di sorridere. – Voglio salire, devo salutare i soci.», ma il respiro è difficile. Pagavano le uve quel giorno di dicembre, la prima rata. Nel piccolo ufficio del primo piano della cantina due impiegate chiamano i soci, consegnano gli assegni. Arnaldo è arrivato in cima alla scala, saluta tutti con voce sottile, i soci lo abbracciano. Le prime avvisaglie del male erano arrivate due anni prima, il cardiologo del Santa Croce di Cuneo era stato categorico: “Non si è mai risparmiato”. Arnaldo aveva continuato come prima, ogni tanto prendeva qualche pastigli. Sovente guardava una foto appesa nel suo ufficio: era stata scattata a Cuneo, in prefettura, stringeva la mano al presidente Pertini. Una sera di gennaio c’è una riunione a Barolo, al ristorante Brezza, ci sono molti produttori. Arnaldo interviene. Alla fine, sulla piazza si fermano in quattro a parlare, c’è anche Arnaldo. Fa molto freddo. Un altro attacco al cuore. Arnaldo non dice nulla, sale in macchina. La strada per Castiglione è lunga, troppo lunga, si trascina sui gradini di casa, suona il campanello. Sono le due, Anna stava aspettando, apre la porta. Nella notte due persone si guardano, Anna ha capito.
L’autore ringrazia per le sue testimonianze Beppe Veglio, enologo alla cantina “Terre del Barolo”, nonché primo collaboratore di Arnaldo Rivera per oltre un quarto di secolo.