L'Editoriale Numero: 02 / 2010

Dal governo una nuova disciplina per le“DO e IG” del Vino

Lo schema di decreto legislativo per la nuova disciplina delle denominazioni di origine, che andrà a sostituire la legge 164 del ‘92, è stato discusso per settimane dalle commissioni agricoltura di Camera e Senato. Alcuni parlamentari, di tutti gli schieramenti, si sono fatti portavoce delle richieste di varie componenti della filiera per introdurre modifiche al … Continued

Gianluigi Biestro
Dal governo una nuova disciplina per le“DO e IG” del Vino

Lo schema di decreto legislativo per la nuova disciplina delle denominazioni di origine, che andrà a sostituire la legge 164 del ‘92, è stato discusso per settimane dalle commissioni agricoltura di Camera e Senato. Alcuni parlamentari, di tutti gli schieramenti, si sono fatti portavoce delle richieste di varie componenti della filiera per introdurre modifiche al testo. Ad esempio sul mantenere una maggiore flessibilità sulle scelte dei singoli disciplinari (come l’annata obbligatoria) in ordine ad un’idea di autonomia territoriale che a quanto pare non è passata. Il 12 marzo il decreto è stato varato senza cambiare nulla di sostanziale rispetto alla bozza. Il Ministro Zaia ha ringraziato i vari componenti della filiera per il lavoro svolto e anche le Commissioni Agricoltura di Camera e Senato “che con la formulazione dei rispettivi pareri hanno permesso di migliorare il contenuto finale.” In cosa non ci è chiaro, ma saremo lieti di essere illuminati. Il decreto contiene aspetti migliorativi e di semplificazione che vanno accolti con favore ed altri che, come componente agricola della filiera, non condividiamo. Avremo modo di tornare sul testo per illustrarlo nei dettagli (NdR: a questo proposito è consigliabile seguire la newsletter telematica di Millevigne, chi non la ricevesse può abbonarsi su http://periodico.millevigne.it ). Cominceremo con un cenno sui consorzi di tutela. Come noto la riforma OCM ha privato i consorzi (contro l’opinione di gran parte della filiera, noi compresi) di un compito primario che avevano, quello dei controlli nella fase produttiva: il loro ruolo andava quindi ridefinito, onde evitare di buttare al vento anni di lavoro. Con il nuovo decreto in capo ai consorzi rimangono le decisioni sulla gestione della denominazione, quali interventi di adeguamento della produzione al mercato; eventuali programmi di promozione e comunicazione sulla denominazione; il controllo del prodotto presente sui mercati (NdR: vedi articolo sul Soave a pag. 24 ), segnalando agli organi di controllo sospette anomalie. In pratica, là dove finisce il piano dei controlli a carico di “terzi”, potranno intervenire i consorzi a verificare che i prodotti che arrivano al consumatore abbiano veramente l’origine e le caratteristiche per cui sono stati certificati e, spesso, blasonati da una fascetta di stato. Una funzione insostituibile è l’attività di registrazione e protezione internazionale del marchio nonché le azioni legali contro le usurpazioni che, nonostante
gli accordi con i paesi terzi e gli impegni comunitari di protezione, avvengono in continuazione proprio a danno di quelle denominazioni che riescono a cogliere successi di mercato. Un punto chiave, a nostro avviso risolto in modo complicato per non dire pasticciato, è quelle del cosiddetto “erga omnes”, cioè il diritto dei consorzi di operare per conto di tutti gli utilizzatori della denominazione indipendentemente dalla loro adesione esplicita al consorzio, applicando un prelievo generalizzato per il finanziamento della loro attività. Sono previsti due tipi di consorzio, quelli che rappresentano almeno il 35% dei viticoltori ed il 51% della produzione dei vigneti effettivamente rivendicata e quelli che rappresentano il 40% dei viticoltori ed il 66% della produzione; I primi possono agire solo nei confronti dei propri associati mentre i secondi potranno svolgere i propri compiti nei confronti di tutti coloro che utilizzano la denominazione. Di fatto significa svolgere le attività di tutele promozione e controllo con le sole quote associative oppure con i contributi di tutti; i consorzi avranno anche la possibilità di chiedere una sorta di dazio d’ingresso rappresentato dal contributo di avviamento. Abbiamo sempre sostenuto che una denominazione va gestita, altrimenti è inutile crearla; e non vediamo altro strumento per fare questo che il consorzio di tutela, organismo interprofessionale in cui la parte agricola deve essere adeguatamente rappresentata, dalla cooperazione ai vignaioli indipendenti: infatti non bisogna mai dimenticare che le doc (ormai dop), nacquero e servono per tutelare i conduttori del fondo, cioè la parte agricola. Crediamo nella libertà di impresa ma non accettiamo che questo concetto venga usato per affossare il principio chiave della denominazione di origine, quello di patrimonio collettivo di chi sta sul territorio, per divenire un semplice ornamento a favore dei grandi marchi. Su questo non smetteremo di dare battaglia. Con più difficoltà di prima, perché UNAVINI, unica organizzazione economica nazionale dei produttori di parte agricola in Italia, con la nuova legge non avrà più un posto nel Comitato Nazionale Vini. Pur ritenendo di aver fatto la nostra parte con grande impegno e buoni risultati per un paio di decenni, non facciamo un dramma di questa esclusione. Ma sta di fatto che, insieme ad altri segnali, anche questo indica che nella stanza dei bottoni la voce dei viticoltori rischia di farsi sempre più debole.