L'Editoriale Numero: 06 / 2011

Esiste il marketing del vino?

Millevigne 6/2011***Non a caso il titolo che introduce queste righe pone una domanda, che a sua volta necessita una risposta un po’ articolata.

Nicolò Regazzoni
Esiste il marketing del vino?

Le vendemmie si succedono l’una all’altra, ma sembra che il marketing continui a non riscuotere grandi consensi nel settore vitivinicolo. Forse perché per molti produttori questo termine anglosassone, intraducibile in italiano, suona ancora come un invito ad assecondare passivamente i gusti e le preferenze dei consumatori, cancellando con un sol tratto ogni riferimento a tipicità e autenticità. Il marketing come sinonimo di globalizzazione, standardizzazione e banalizzazione, insomma. Fermarsi a queste conclusioni, tuttavia, ci pare poco costruttivo, e di conseguenza Millevigne pubblicherà dal prossimo anno alcuni approfondimenti sul tema. Lo farà utilizzando una modalità insolita, cercando di evitare sterili tecnicismi e di stimolare invece nuove proposte e riflessioni. Consapevole che oggi è bene porsi anche qualche interrogativo, invece di ripetere le solite rassicuranti teorie dal sapore accademico. Non a caso il titolo che introduce queste righe pone una domanda, che a sua volta necessita una risposta un po’ articolata. In linea di massima oggi per la grande industria vinicola fare marketing è diventato più difficile, mentre in prospettiva potranno essere invece le aziende medio-piccole ad avere maggiori possibilità di successo nel riuscire a sfruttare le opportunità offerte dai nuovi comportamenti di consumo. La grande industria, che per dimensioni continua ad essere piccola se messa a confronto con quella di altri settori merceologici, sta infatti delegando sempre più le attività di marketing alle catene distributive e agli importatori. Politica commerciale e di prezzo, innovazione di prodotto e strategia di comunicazione, dunque, vengono spesso condizionate pesantemente da chi distribuisce il vino, riducendo di fatto il potere decisionale dei produttori. In queste condizioni è ancora possibile fare marketing? Per quanto riguarda la grande industria la risposta a questa domanda non è affatto scontata. Se fino ad alcuni anni fa era luogo comune affermare che il marketing fosse prerogativa solo di chi riusciva a sviluppare elevati fatturati, oggi la situazione potrebbe essersi addirittura capovolta, anche perché in molti casi l’industria vinicola è stata costretta a diversificare enormemente l’offerta, moltiplicando a dismisura il numero di referenze e di marchi in assortimento (compresi quelli prodotti in esclusiva per le grandi catene distributive), e rendendo di conseguenza ancora più complesse e onerose le attività di comunicazione e promozione. Interessante, a questo punto, è chiedersi quali prospettive offre oggi il marketing del vino a una piccola/media azienda vitivinicola. Stiamo parlando di produttori che in passato forse non hanno mai stanziato alcun budget in comunicazione e promozione, ma che in realtà hanno sempre fatto marketing, magari senza rendersene conto. Oggi questa tipologia di aziende può acquisire maggiore consapevolezza e fiducia nelle sue capacità di raccontare storie autentiche, legate a un territorio, in grado di conquistare i consumatori in maniera credibile, utilizzando anche le nuove tecnologie. Molti consumatori, infatti, non chiedono di meglio che poter ascoltare parole vive, nate da esperienze concrete e quotidiane formatesi in cantina e tra i vigneti, capaci di guidarli alla scoperta di nuove bottiglie. Non è poesia, ma piuttosto un sentimento molto più diffuso di quanto possa apparire a prima vista, accompagnato da un’accresciuta sensibilità nei confronti dei temi ambientali, e dal desiderio di associare un’etichetta a valori che siano innanzitutto umani. Parole un po’ impegnative, queste ultime, che sembrano quasi appartenere a un’altra epoca, ma che in realtà oggi possono (ri)avvicinare i consumatori a un mondo del vino fatto da persone che lavorano in maniera sincera e responsabile. Produttori con queste caratteristiche per fortuna ce ne sono tanti, e nei prossimi anni la scommessa più difficile da vincere sarà riuscire a valorizzare il fatto che le più naturali espressioni del vino sono anche quelle che racchiudono le migliori storie da raccontare ai consumatori. Quello che in futuro chiameremo “marketing del vino”, di conseguenza, forse non sarà nient’altro che l’esito della riscoperta di un vecchio adagio: le migliori soluzioni molte volte sono quelle che abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni, distratti da un mercato che spesso dà la sensazione di essere prossimo al collasso per un eccesso di complessità.