L'Editoriale Numero: 05 / 2009

Giornalisti o “degustisti”?

Millevigne 5/2009*** Carlo Macchi giornalista (o degustista?) enogastronomico ha ed ha avuto collaborazioni con le maggiori testate italiane del settore, partecipando inoltre a trasmissioni sul cibo e sul vino a carattere nazionale. Attualmente, dopo aver creato una delle maggiori guide enologiche italiane, è direttore di www.winesurf.it , giornale on-line bilingue (italiano-inglese) specializzato sul vino e sul cibo. Indirizzo mail : carlo.macchi@winesurf.it

Carlo Macchi
Giornalisti o “degustisti”?

“Il giornalismo enologico italiano come lo conosciamo oggi è nato non più di 25 anni fa in concomitanza con i primi grandi riconoscimenti internazionali per il vino italiano. In precedenza c’era solo Veronelli. Con la metà degli anni ottanta si è sviluppato, parallelamente alla crescita numerica del vino di qualità, un giornalismo specializzato nel parlare di questo fenomeno. Chi ne faceva parte veniva da estrazioni le più diverse, ma fondamentalmente l’iter formativo era il seguente. Armato di auto e buona volontà si metteva a girare per cantine, assaggiando, conoscendo vini e territori, parlando con i produttori, stringendo così amicizie, anche forti e durature. Il giornalismo, di allora e da allora, si è spesso fermato al solo recensire (quasi sempre positivamente) dei vini .” Scrivevo queste righe circa un anno fa e rileggendole mi sono sembrate adattissime per cominciare a parlare di come, all’interno della categoria dei giornalisti enogastronomici, coesistano due anime: quella dei giornalisti e quella dei “degustisti”. In quegli anni ci siamo quindi inventati una professione che, nel momento in cui tutto andava per il meglio, era praticamente fatta da continui assaggi. Per scoperta, per comprensione, per valutazione, per puro piacere. Assaggiavamo di tutto e l’aver assaggiato un vino in più degli altri (magari estero o di un produttore emergente) ti metteva sempre in una posizione di vantaggio. La bravura di uno che scriveva recensioni sul vino (giornalista o degustista? Aspettiamo a definirlo) era spesso misurata nel numero di assaggi fatti e, ovviamente, nella sua credibilità presso pubblici all’inizio identificabili anche solo con i clienti di un’enoteca. La nascita delle guide è stata solo il logico sfogo di questo metodo , che ha portato alla definizione “de facto” della prima categoria di giornalisti enologici: “quelli che assaggiavano per una guida”. Potevi essere bravo o appassionato quanto volevi ma se non partecipavi alle degustazioni dove si decidevano punteggi eri uno di serie B. Mi ricordo ancora la gioia di vedere la mia prima scheda pubblicata da una guida. Col tempo le guide sono cresciute anche e soprattutto nel numero dei vini recensiti ed alle prime giornate di degustazioni, fatte in maniera anche naif con 20 o 30 campioni da assaggiare, si sono sostituite
faticose e ripetute giornate di assaggi con quasi sempre almeno 100 campioni da degustare. Un lavoro vero e proprio che ti prendeva (e ti prende) almeno 5-6 mesi all’anno. Qui forse sta il vero problema del cosiddetto giornalismo enologico italiano: aver identificato la professione solo nell’assaggio: essere diventati,in altre parole, più degustisti che giornalisti. Le differenze tra le due categorie sono evidenti. Per esempio il degustista non deve fare alcuna fatica per raccogliere la notizia, perché questa arriva ben impacchettata direttamente dal produttore, inoltre il degustista parla e recensisce solo al positivo. Il giornalista invece le notizie se le deve cercare, sudare e spesso deve parlare al negativo. Il problema però è anche un altro: tutti noi, io per primo, siamo un po’ (chi più chi meno..) degustisti e un po’ giornalisti. Questo poteva andare bene quando il mercato tirava, le guide si vendevano come il pane ed i produttori aspettavano l’uscita dei risultati come la nascita di un figlio. Oggi il mercato è cambiato, il fiume di interesse per il vino è diventato un torrentello che qualche volta va in secca. Oggi alla gente importa sempre meno quanti punti ha preso il vino x ma sarebbe interessata ai reali problemi del mondo del vino, a scoprire i retroscena anche economici che muovono questo settore. Sarebbe, insomma, interessata ad un giornalismo enogastronomico che non può essere la solita visita alla cantina x o al territorio y con relativo incensamento dei vini. Oggi cari colleghi (tu..hypocrite lecteur , mon semblable, mon frère) se vogliamo sopravvivere dobbiamo diventare giornalisti a tutto tondo che, ogni tanto, fanno i degustisti. Oggi, cari produttori, dovreste vederci non come i cari amici semi addomesticati grazie alla pubblicità, ma come quelli che adottano, tra l’altro, il vecchio principio del giornalismo anglosassone: “Perché questo brutto figlio di p… vuol far credere questo a me?”