Ted Lemon è produttore a Littorai, nella “North Coast” della California, tra Sonoma e Mendoncino, e consulente in Nuova Zelanda. Cominciò la sua carriera in Borgogna dove visse, lavorò e studiò per quattro anni. In questo articolo riportiamo un estratto del discorso tenuto all’International Pinot Noir Celebration 2013 nella penisola di Mornington (Australia).
Nell’introduzione dello straordinario lavoro di Roger Dion “Storia della vite e del vino in Francia dalle origini al 19esimo secolo” , pubblicato nel 1959, Dion spiega che nel 16esimo secolo i vini prodotti nelle campagne intorno a Parigi erano considerati allo stesso livello dei migliori Champagne. Nella ricerca di Dion la temperatura media, la media delle ore di luce estive, la frequenza di gelate tardive e il tasso di umidità erano leggermente a favore dell’area parigina. L’autore si stupiva che nel paese dove il vino gode del massimo prestigio il pubblico fosse tanto inconsapevole di tale importante passato.
Scrive Dion: “ Forse tale ignoranza è proprio l’effetto di tutto questo prestigio. A noi piace pensare che le virtù dei vini francesi siano il frutto di un privilegio naturale, una particolare grazia che il paradiso ha innestato nel cuore della Francia. E’ come se ci fosse più onore per il nostro paese nel ricevere la sua fama dal cielo piuttosto che dal lavoro dell’uomo, una fama nella quale i nostri antenati trovarono il motivo di un orgoglio collettivo anche prima che esistesse il concetto di Francia come nazione.
Da questo derivano molti argomenti illusori e facili spiegazioni, che compongono il quadro della nozione comunemente accettata di storia della viticoltura. Un grande successo, quando è frutto di lungo e duro lavoro, fa scolorire quanto esisteva prima”. Quando ero giovane, in Borgogna, queste parole mi scossero come un tuono. C’erano vini grandi e dimenticati a Parigi? Allora i grandi “terroir” non sono scritti nella pietra! Riflettono la storia umana nei suoi risvolti culturali, politici, economici e agronomici. Il grande spumante francese avrebbe potuto venire dalla regione di Parigi. I grandi “terroir” non esistono in natura, sono costruiti: da milioni di blocchi, fatti di mattoni di storia, cultura, economia, scienza, agronomia. Se il terroir è una costruzione umana, pensavo, perché non diventare un costruttore? Se, nel corso del tempo, la preminenza di certe famose regioni viticole è dovuta ad una medesima storia, questa posizione cambierà attraverso la storia che stiamo costruendo.
Potrebbe sembrare una svalutazione delle più importanti zone viticole attuali, ma non è così. Le parole di Dion avevano semplicemente alzato la polvere sulla mia idea di vocazione viticola. Così quando ritornai in USA avevo elaborato il concetto che io chiamo di “luogo nobile”. Questo concetto, che è all’origine di tutte le grandi viticolture del mondo, non è disgiunto da quello di terroir, ma lo precede. I luoghi nobili, pronti a rivelare i loro segreti, sono nascosti in molti luoghi, nella fascia climatica temperata della terra. Sono nascosti tra vigneti europei un tempo famosi ed ora dimenticati o sottovalutati: e sono nascosti tra le regioni vergini del cosiddetto Nuovo Mondo. Prima di presumere di avere un “terroir”, la domanda che dobbiamo porci è allora: abbiamo un “luogo nobile”? Trovare un “luogo nobile” è solo la prima fase nel processo di costruzione di una produzione vinicola. Non si possono creare vini unici e fedeli al loro luogo nobile di origine senza un’adeguata preparazione. Si deve prima avere un’educazione al gusto dei “vini di territorio” e questa formazione rimane in gran parte basata sui vini europei. Senza questa, i grandi “vini di terroir” nel Nuovo Mondo non sono possibili. Attendo con entusiasmo il giorno in cui una “biblioteca” dei vini di territorio del Nuovo Mondo sarà disponibile per tutti noi. Mentre riconosciamo l’importante ruolo di maestro che l’Europa ci fornisce, viene il tempo in cui la scuola finisce e deve lasciare il posto ad un nostro percorso originale. Sempre ricordando che il Il concetto di “luogo nobile” nella viticoltura del Nuovo Mondo l’editoriale di Ted Lemon 4 grande terroir è composto da fattori storici, agronomici, culturali, scientifici. Non ci saranno autentici e puri vini “di territorio” nel Nuovo Mondo finché non completeremo i dettagli estetici dell’edificio. Mi piacerebbe suggerire, per questo, alcune linee guida:
Rivolgete lo sguardo all’interno. Sì, lo so che gli esperti dicono che non conoscete abbastanza bene i vini del Vecchio Mondo. Ma non misurate ogni cosa comparandola all’Europa. Non pensate alla Borgogna come ad un metro di misura. Dobbiamo essere come Odisseo, legandoci all’albero maestro per resistere al canto delle sirene borgognone.
Scoprite la biologia del territorio. La storia del 20esimo secolo in viticoltura è la storia di una crescente amnesia verso gli aspetti biologici del territorio. I testi di viticoltura del ventesimo secolo parlano di una sola biologia, quella della vite. Il resto è chimica e ciclo della fotosintesi. E’ una visione lacunosa. Da dove derivano le marne che rendono famosa la Borgogna? Da esseri viventi. Nel secolo scorso l’Europa ha dimenticato che la biologia del territorio è importante quanto la chimica. E noi stiamo distruggendo vaste aree del Nuovo Mondo sulla base di un modello superato e pericoloso: Marlborough, Russian River, Napa Valley, Monterey County e altre regioni sono ormai deserti monoculturali. Questo non deve continuare.
Praticate forme alternative di agricoltura. Qualunque cosa voi pensiate della biodinamica, il menu delle alternative offre molte possibilità: coltura biologica, permacoltura, agricoltura agroecologica. Smettetela di piantare viti, piantate compagni per le viti. C’è chi parla di “tenere le cose il più possibile naturali”. Ma l’agricoltura non è naturale. Per promuovere un equilibrio naturale, un ecosistema sano e quindi sito-specifico dobbiamo promuovere attivamente la salute dell’agricoltura attraverso la biodiversità.
Imparate a degustare in modo diverso. Jacky Rigaux, in Borgogna, sta svolgendo alcune interessanti studi su come noi avvertiamo nei vini una “firma territoriale”. Questi lavori sono in diretta relazione con l’avere un’educazione al gusto “basata sul terroir”. La chiama “degustazione geo-sensoriale” e afferma che le vecchie generazioni di degustatori borgognoni non erano interessati ad analizzare nel dettaglio gli aromi, invece nozioni come sapidità, tessitura e “buona salivazione” erano essenziali per apprezzare le differenze tra i diversi cru. Un pensiero in contrasto con la degustazione attuale, fortemente orientata sul ventaglio aromatico.
Lasciate perdere l’idea di essere “winemaker”, diventate allievi del terroir. Abbiate la pazienza di ascoltare, lasciate che il territorio vi parli di sé e vi spieghi la sua originalità. Fate un posto nella vostra cantina per il mistero. Spesso noi facciamo dotte previsioni sull’evoluzione potenziale dei vini che assaggiamo. Forse siamo tutti in errore.
Liberatevi da additivi e prodotti enologici. Questo non implica che voi diventiate per forza produttori “naturali”: è un passo evolutivo. Imponetevi di non acidificare. Sarete sorpresi di come questo sposterà la vostra attenzione, come un laser, su una miglior gestione del vigneto e su pratiche alternative di cantina.
Soprattutto, abbandonate il proposito di fare “il miglior Pinot nero”. Il vostro lavoro è fare vini che siano la più onesta, cristallina espressione del loro luogo di origine, e lasciate decidere agli altri se il risultato merita i vostri sforzi.
©Wine and Viticulture Journal, May/June 2013. Traduzione di Maurizio Gily