Economia e Diritto Numero: 02 / 2019

Il vino al supermercato

Nella grande distribuzione italiana, il 2018 ha registrato un sensibile calo dei volumi ed un aumento dei prezzi; ciò ha spinto a valorizzare sia vini Dop sia i brand.

Matteo Marenghi
Il vino al supermercato

In calo le promozioni, dannose se sovrautilizzate.

Il 2018 ha visto, nel mondo di supermercati e discount italiani, primeggiare due fenomeni; un aumento medio dei prezzi del vino del 6,5%, da un lato, ed una diminuzione degli acquisti del 3,8% dall’altro.

Anche le promozioni di vini a prezzi scontati, e questo fatto è universalmente letto come positivo, sono diminuite di circa due punti percentuali. Sempre fra i dati forniti dall’Istituto di Ricerca IRI all’ultimo Vinitaly e relativi al settore della grande distribuzione, si notano cambiamenti significativi nelle dinamiche di acquisto: la riduzione della forbice di prezzo tra vini generici, Igt, Doc e Docg ha portato ad uno spostamento verso l’alto delle scelte d’acquisto, con i soli vini Doc e Docg che mantengono le posizioni (-0,7% a volume). Tuttavia, al netto degli effetti inflattivi della scarsa vendemmia del 2017, l’aumento del valore del vino nella Gdo viene considerato come una tendenza positiva e necessaria sia dalle cantine sia dalle insegne distributive; ora si tratta però di gestire il 2019, che si presenta con, in pancia, la grande produzione realizzata in vigna nel 2018.

La ‘scommessa sul valore’, processo portato avanti congiuntamente da cantine e insegne distributive, punta a prezzi adeguati al valore del vino e stabilizzati, in modo da consentire lo sviluppo di strategie di medio e lungo periodo. Per difendere il vino dalle oscillazioni di valore delle uve e da impennate impreviste del mercato del prodotto finito sono strumenti importanti i disciplinari dei vini a denominazione, ma anche le politiche di valorizzazione dei vini territoriali e quelle dei brand aziendali.

Il pericolo delle forti oscillazioni

“Vendemmie abbondanti o scarse hanno effetto sui prezzi delle uve destinate ai vini, in particolare a quelli da tavola, che pagano  le forti oscillazioni al rialzo con importanti cali dei volumi – ha detto Virgilio Romano, business insight director di IRI. I disciplinari delle denominazioni (limitando le rese) proteggono da tali forti oscillazioni permettendo alle aziende di mantenere politiche commerciali e di marketing stabili nel tempo. Agli inizi del Duemila la percentuale di vini con marchio di qualità (Docg/Doc/Igt) era inferiore al 60%, oggi siamo al 70%. La strada è questa, continuare a valorizzare territori e produzioni. Venendo ai numeri, nel 2018 i prezzi sono cresciuti in tutti i canali per un valore medio del 7,4% (ipermercati +8%, discount +9,5%) mentre i volumi sono mediamente diminuiti (-3,8%), tranne che nel segmento dei discount, ma questo grazie alle nuove aperture che sono state numerose. Anche gli spumanti, da sempre in ascesa, hanno rallentato le vendite, pur rimanendo in segno positivo. Come premesso il calo dei volumi e l’aumento dei prezzi è più evidente nel segmento dei vini da tavola, meno nei vini di fascia alta (prezzo > 8 euro)”. Sulla scommessa del valore è interessante l’esempio del Negroamaro (uno dei vini meglio piazzato nella classifica dei vini a maggior crescita): ha aumentato del 6% il prezzo medio arrivando a 3,37 euro a bottiglia, ha registrato un aumento delle vendite del 9% con un aumento complessivo a valore (del fatturato) del 15% (vedi le tabelle della ricerca IRI). Di certo c’è che esistono anche dinamiche extra enoiche: la popolazione invecchia, cresce il consumo di birra e, nello specifico, delle birre artigianali, così come crescono gli aperitivi (+ 2,9 a volume) e gli spritz (+8,8% volume). È oramai altrettanto appurato che il consumatore se trova delle novità (in termini di prodotto e/o di servizio), le compra, anche se costano di più.

Prezzo ciò che pago, valore ciò che porto a casa

Sulla ‘scommessa del valore’ sono positivi anche alcuni rappresentanti delle cantine, Federvini e Unione Italiana Vini. “Sarebbe auspicabile sia da parte dei produttori che dei distributori – ha sottolineato Enrico Zanoni, consigliere di Unione Italiana Vini e direttore generale di Cavit –  la gestione di una politica di prezzo correlata più al corretto posizionamento dei diversi prodotti e meno influenzata dagli andamenti della materia prima nella diverse vendemmie. Per costruire una struttura di valore c’è bisogno di stabilità, queste fluttuazioni dei prezzi certo non aiutano. I produttori devono impegnarsi a stabilizzare i prezzi al di la delle vendemmie; il brand, come le Doc, aiutano a proteggersi dalle fluttuazioni. Sui vini da tavola da consumo di massa le fluttuazioni sono enormi, per questo anche su questa categoria sarebbero auspicabili più controlli e l’introduzione di limitazioni alle rese”. Anche Federvini ed i suoi associati lavorano da tempo alla valorizzazione del vino, con importanti investimenti nel vigneto ed in cantina. “La Gdo ed i consumatori hanno accettato la scommessa – ha dichiarato Massimiliano Capogrosso di Federvini, direttore commerciale Italia delle Cantine Ferrari –  ora occorre andare ancora più in profondità perché ogni segmento raggiunga il giusto punto di equilibrio. Per esempio: abbiamo destagionalizzato il Prosecco, ma rischiamo di riportare gli altri spumanti nell’ambito delle festività”. Ovviamente è cruciale che si possa continuare a fare listini giusti e motivanti, e l’aumento dei prezzi, come la situazione economica non rassicurante, hanno di certo frenato i consumi. A breve poi le cantine dovranno smaltire i grandi volumi di vino frutto della vendemmia abbondante 2018; potrebbe scatenarsi un’ondata massiccia di promozioni.

Le politiche delle insegne

“Attenzione a non disperdere nel 2019 quanto di buono costruito nella relazione con il consumatore cercando di comunicare il giusto rapporto tra qualità e prezzo – ha sottolineato Alessandro Masetti, responsabile settore alimentari e liquidi di Coop Italia. La vendemmia abbondante potrebbe portare ad una maggiore aggressività promozionale che mira a stoccare il consumatore o a stimolarne l’acquisto, ma il rischio di svilire il prodotto c’è tutto. Innegabile che i consumi, visti i trend oramai consolidati, siano comunque destinati a scendere, e le vendemmie abbondanti acuiscono questo problema, quindi il 2019 non sarà un anno facile. Anche noi puntiamo sulle private label, sia sui segmenti alti che bassi”. Interessante la strategia di Conad, messa in atto anche per contrastare un anno difficile per il vino nella Gdo come il 2018: “Abbiamo definito un mix di offerta, una pressione promozionale di circa 10 punti inferiore al mercato, e un’oculata politica di prezzi con incrementi decisamente inferiori rispetto alla media del mercato – ha spiegato Alessandra Corsi, direttore Marketing di Conad –  il risultato conseguito dalla nostra insegna è un giro d’affari di 240 milioni di euro a totale categoria, con una crescita a valore del 6% nel 2018”.

È chiaro comunque che esistono diversi fenomeni in atto, ma perché la marca del distributore è aumentata di più (di 4 punti) rispetto alle altre marche sul mercato, anche a fronte di un suo aumento medio di prezzo più sostenuto  (+ 10% contro + 6 degli altri brand)? “Probabilmente – ha risposto la Corsi – c’è un passaggio dai vini quotidiani a quelli di fascia più alta, anche passando attraverso le private label collocate in fascia intermedia. Così vediamo che i discount devono essere sempre forti sui vini da prezzo, ma si organizzano anche per essere profondi e ampi sui vini di qualità”.

Buttando l’occhio al di fuori dello scenario nazionale è da rilevare come il 2018 sia stato preoccupante per il calo di vendite di vino italiano nella Gdo tedesca, un mercato rilevante per l’Italia: – 2,8% in supermercati e ipermercati e addirittura -40% nei discount (dati IRI, a volume anno 2018). “Si tratta di un calo generalizzato del mercato del vino in Germania – ha riferito Davide Mazzola, Responsabile Vini e Bevande di Metro Italia (nota azienda distributiva che ha sede in Germania) – considerato che il 70% del vino viene venduto tra discount e supermercati. Ormai in Germania si tende a bere solo vino di qualità, e sempre meno a pasto. Dunque bisognerà spingere sui vini premium e sul mercato degli spumanti, molto apprezzati. E anche sui vini bio italiani, considerati tra i migliori dai tedeschi che importano il 35% del vino bio prodotto in Italia”.

Concorrenza totale e l’incombente strapotere dei web player

Secondo Giorgio Santambrogio (presidente del Gruppo Vègé ed anche di ‘Associazione distribuzione moderna’) la distribuzione moderna ha portato negli anni alla democratizzazione dei consumi, con un continuo aumento dei metri lineari di scaffale a disposizione per i prodotti. “Oggi – ha però avvisato – tutti sono concorrenti di tutti, e gli stessi produttori vendono anche direttamente on line, bypassando ogni mediazione. La marca del distributore sta crescendo, ma sul top di gamma bisogna saper raccontare il prodotto. Errato considerare i negozi solo dei punti di vendita, devono diventare ‘point of education’ quindi, accanto al vino, bisognerebbe trovare o una persona o una tecnologia che spieghi il prodotto al potenziale cliente. Se questo non avviene una ‘app’ bypasserà tutto e tutti, anche i punti di vendita. La dimostrazione di questo è molto semplice: tutte le politiche di ‘pricing’ saltano quando un player come Amazon arriva con operazioni come il ‘Black Friday’ che scardinano, in un solo giorno, ogni equilibrio”.

Il mercato on line

Il commercio on line dei vini italiani vale circa 12 milioni di euro, ma rappresenta un’opportunità di crescita per cantine e insegne distributive, anche in considerazione del fatto che tra un decennio molti consumatori saranno nativi digitali. Inoltre, in un mercato stagnante come quello del vino, l’e-commerce è efficace, e se pur rappresenta meno dell’1% del totale, i prezzi sono più alti (maggiore marginalità) e vi è un elevato potenziale di crescita per le grandi marche. Su questo canale è notevole la componente del servizio (consegna a domicilio in breve tempo) ed è particolarmente apprezzata dal consumatore. “La vendita on line rimane ancora la migliore opportunità di crescita per le cantine italiane sia sul mercato interno che su quello estero – ha osservato Alessandro Olivieri, Presidente di Vinitaly Wine Club – In Italia questa vendita sposta ancora modesti volumi, con un trend molto più slegato dagli altri canali, ma continua a crescere in doppia cifra da diversi anni”. L’on line riesce a fare educazione sul prodotto, mentre nella Gdo non c’èpiù tempo/voglia/opportunità. Noi nell’on line interagiamo molto con i consumatori, che poi magari comprano in Gdo. Il digitale cresce perché oggi si ha sempre meno tempo, e grazie soprattutto agli smartphone, è molto più facile l’acquisto che una volta era possibile solo davanti ad un computer. Inoltre a nostro vantaggio gioca il cambio generazionale, con i giovani che hanno sempre il cellulare in mano e comprano abitudinariamente sulla rete. Al momento – ha detto Olivieri – noi vendiamo solo vini premium e superpremium, perché non possiamo permetterci di vendere vini con bassa marginalità. Ma in Germania e Regno Unito l’on line del vino vale già il 10%; anche se da noi non è così importante il canale andrebbe comunque ben presidiato dai produttori”.