L'Editoriale Numero: 04 / 2012

La cooperazione e la mossa del cavallo

Dalla sua nascita, nel 1996, anche per sopperire a questa debolezza strutturale del settore, la Vignaioli Piemontesi cercò di svolgere il ruolo che è proprio delle OP (organizzazione dei Produttori), cioè l’organizzazione dell’offerta delle aziende associate.

Gianluigi Biestro
La cooperazione e la mossa del cavallo

Alla fine del novecento (chi prima, chi dopo) il movimento cooperativo entrò nella “fase due” della sua storia. La fase uno, per le cantine sociali, era stata quella che le vide nascere, per lo più negli anni ’50 e ’60, come strumento per sottrarre gli agricoltori ad un mercato delle uve che, con un prodotto maturo e deperibile già nel carro, li metteva alla mercé degli speculatori: attraverso la vinificazione in comune si mise la produzione al riparo dal gioco al massacro che, in tempo di vendemmia, si era fino ad allora consumato nelle piazze dei paesi. Il sistema, nella maggioranza dei casi, funzionò: la cooperazione ha così preservato la viticoltura, il territorio ed il paesaggio in vaste aree italiane.
Il mercato del vino all’ingrosso non sempre è stato tuttavia in grado di garantire ai produttori un reddito adeguato. Alcune cooperative hanno cominciato a cercare altre strade, dalla vendita diretta in azienda alla creazione di proprie linee di prodotto confezionato, con l’obiettivo di arrivare più vicino al consumatore, saltando, come il cavallo nel gioco degli scacchi, una serie di intermediari. Raramente però questi circuiti hanno permesso alle cantine di smaltire tutta la produzione, e talvolta il processo è stato frenato anche in modo ricattatorio dagli imbottigliatori: se mi fai concorrenza sul prodotto finito non ti compro più lo sfuso. E la cosa si è fatta più difficile negli anni della “globalizzazione”, in cui tutti i mercati di prossimità si sono ristretti e impoveriti, a causa del calo dei consumi e della concorrenza di altri vini. Si sono aperti nuovi spazi su mercati più lontani, ma poche cantine sono strutturate e organizzate per affrontarli e devono tornare a rivolgersi a intermediari, che si ritagliano una grande fetta della torta. Con quali strumenti si è quindi affrontata questa “fase due”? In alcune regioni, come Veneto ed Emilia Romagna, con vaste operazioni di concentrazione e fusione: dando vita ad aziende più grandi, i cooperatori hanno aumentato il loro potere contrattuale verso i compratori dello sfuso, e nel contempo hanno potuto dotarsi di logistica e personale specializzato per aggredire i mercati con prodotti a proprio marchio. In Piemonte, sebbene le cooperative siano di piccola dimensione, i casi di fusione sono stati finora pochi (il più importante ha riguardato la nascita della Cantina Tre Secoli). Sarebbe lungo argomentare il perché, e forse anche inutile. Probabilmente nei prossimi anni il processo riprenderà, ma per ora appare incagliato. Il risultato è che solo poche cooperative piemontesi, al di fuori delle aree di elezione di Barolo e Barbaresco, sono riuscite veramente ad affermarsi sui mercati con un proprio marchio (Araldica, Vinchio e Vaglio Serra …). Dalla sua nascita, nel 1996, anche per sopperire a questa debolezza strutturale del settore, la Vignaioli Piemontesi cercò di svolgere il ruolo che è proprio delle OP (organizzazione dei Produttori), cioè l’organizzazione dell’offerta delle aziende associate. Ma è stata soprattutto la crisi che ha colpito il settore dal 2007 a spingere le cantine a cedere alla Vignaioli l’incarico di commercializzare i vini, a partire da quelli più in difficoltà, cioè Barbera e Dolcetto. Da allora la crescita è stata costante ed oggi buona parte del vino prodotto in Piemonte viene commercializzato attraverso Vignaioli: in parte rivenduto a buyer e imbottigliatori, in parte confezionato e commercializzato con diversi marchi, sfruttando impianti di aziende associate e reti di vendita acquisite (Dezzani). Nel frattempo è notevolmente cresciuta anche Terre da Vino, la SpA di cui fanno parte, oltre a Vignaioli, quattordici cooperative: TdV affina e commercializza sul mercato internazionale esclusivamente vini in bottiglia e vini a DOC e DOCG del Piemonte, mantenendo quello stretto legame con il territorio al quale altre realtà della cooperazione italiana hanno invece deciso di derogare, con una scelta legittima, ma rischiosa.
Otto cooperative conferiscono oggi a Vignaioli la totalità della produzione a base Dolcetto, Barbera e Cortese, altre la conferiscono in parte. Nel 2011 il fatturato, tra sfuso e confezionato, è stato di 11,5 milioni di euro, con un incremento del 130% sull’anno precedente. Il moscato per Asti Spumante rappresenta a sua volta un prodotto della gamma ma non ha lo stesso valore “strategico” degli altri vini menzionati, e minore è il differenziale di prezzo che i produttori possono aspettarsi rispetto al libero mercato: il contratto interprofessionale fornisce garanzie di reddito ai produttori tali da rendere meno pressante la ricerca di sbocchi di mercato alternativi. In sostanza è solo la bassa redditività, e non un pregiudizio anti-industriale, a spingere verso la “disintermediazione”. Un’ultima notazione: l’economia è poco “democratica”. Nessuno può vantare un diritto a un prezzo migliore del libero mercato solo perché membro di un’associazione. Una cosa è il legame associativo, un’altra la qualità del prodotto (e del servizio) che le diverse cantine sono in grado di assicurare. Per questo una parte della nostra attività va nella direzione del miglioramento qualitativo in vigneto per la produzione di  determinati vini-progetto, come la Barbera d’Asti di qualità superiore, che sul mercato ha spuntato nelle scorse campagne prezzi doppi della media della DOCG. Ultima in ordine di tempo è stata la creazione di un portfolio di prodotti con i marchi privati di sette singole cooperative, tra loro non concorrenti per i vini offerti in questo gruppo (da uno a tre per azienda), cosa possibile grazie alla multiforme offerta del Piemonte e dei suoi diversi territori. Tra le iniziative commerciali in corso con questo gruppo c’è un contratto di fornitura con i servizi di ristorazione della Reggia di Venaria, con la prospettiva di realizzare un punto vendita permanente, e una grande promozione delle cooperative piemontesi nella nuova magnifica struttura di Eataly Roma, nei prossimi mesi di settembre e ottobre.