Economia e Diritto Numero: 04 / 2018

L’analisi dei costi

L’analisi dei costi aziendali ha lo scopo di fornire informazioni che permettano di migliorare l’efficienza della gestione e quindi il profitto d’impresa.

Lorenzo Biscontin
L’analisi dei costi

L’identificazione dei costi permette di raggiungere questo scopo sostanzialmente attraverso due tipi di azioni:

  • Migliori scelte gestionali ed organizzative derivanti dalla conoscenza dei costi per le diverse aree dell’attività aziendale.
  • Focalizzazione nella ricerca dei risparmi ottenibili, sia con una modifica dei processi che nell’acquisto dei mezzi di produzione.

Al di là degli aspetti tecnici, sui cui entrerò più avanti, un’analisi dei costi efficace nasce da un atteggiamento critico e rigoroso, ma allo stesso tempo curioso e creativo nell’ipotizzare e valutare soluzioni alternative a quelle attuali. Sotto la pressione delle continue “urgenze” aziendali infatti, è facile che in azienda prevalga un atteggiamento “passivo” nei confronti degli attuali processi e dei relativi costi di produzione, presi come ineluttabili. Per evitare questa situazione è necessario impostare un sistema di rilevazione ed identificazione dei costi che permetta di analizzarli con relativa semplicità, nel momento in cui si decide di farlo. La frequenza con cui realizzare l’analisi dei costi dipende dalla dimensione della cantina, ma anche in quelle di piccole dimensioni un’analisi approfondita andrebbe fatta almeno una volta all’anno, in occasione della definizione del budget (o bilancio di previsione che dir si voglia).

Nell’analizzare l’opportunità di un costo, bisogna sempre considerare il valore generato da questo. Chiarisco il tutto con un esempio: per ampie fasce di consumatori, soprattutto in certi mercati esteri, la bottiglia pesante è percepita come un indicatore della qualità del vino. Questo è il motivo per cui vengono usate bottiglie pesanti, più costose, anche per vini che non sono destinati a lunghi invecchiamenti. La valutazione se passare ad una bottiglia più leggera quindi non può considerare solo il risparmio di costo, ma deve tenere in conto anche dell’eventuale riduzione del valore percepito. Detto in altre parole, se spendendo 10 centesimi in più per una bottiglia pesante riesco a spuntare un prezzo di 15 centesimi più alto rispetto a quello che otterrei con la bottiglia più leggera, in termini di profitto mi conviene la bottiglia più pesante.

Attenzione però che le percezioni di valore non sono costanti nel tempo e nello spazio. Restando all’esempio della bottiglia, negli ultimi 10 anni ampie fasce di consumatori hanno sviluppato una sensibilità ambientale per cui ritengono l’utilizzo di bottiglie inutilmente pesanti uno spreco ingiustificato.

Per questi consumatori l’utilizzo di una bottiglia più leggera aumenta il valore percepito invece di diminuirlo. Il monopolio dell’Ontario ad esempio oramai da diversi anni stabilisce un peso massimo per le bottiglie nei protocolli di fornitura.

Inoltre numerose ricerche dimostrano che il consumatore difficilmente riesce a distinguere una differenza di 100/150 grammi tra due bottiglie piene.

Uno strumento di analisi estremamente utile per valutare cosa fare alla luce di tutti questi fattori è il punto di pareggio, che ho trattato nel mio articolo sul n. 1 di Millevigne di quest’anno. In questo modo infatti è possibile calcolare quanto dovranno calare le vendite a fronte di un eventuale passaggio ad una bottiglia più leggera, e più economica, per mantenere inalterato il profitto totale. Da questi brevi esempi si intuisce come l’analisi dei costi debba essere condotta in dettaglio. Quanto? La risposta “Tanto più, tanto meglio” è quella giusta, ma si scontra con i limiti di tempo posti dall’operatività aziendale.

Limiti che però si possono ridurre con l’impostazione di un sistema di rilevamento applicato con costanza. La rilevazione in dettaglio dei costi è infatti relativamente facile se viene fatta nel momento in cui si generano, mentre richiede molto più tempo e sforzo se fatta a posteriori. In un’azienda vitivinicola che imbottiglia e commercializza i propri vini ci sono tipicamente le seguenti aree di costo:

  • Vigneto
  • Cantina
  • Imbottigliamento
  • Commercializzazione
  • Amministrazione

La prima cosa che deve contemplare il sistema di rilevazione è l’attribuzione dei costi comuni alle diverse aree di costo. In aziende di piccole e medie dimensioni è probabile che la stessa manodopera sia impiegata in vigneto, cantina ed imbottigliamento. Mantenerla come una voce di costo indifferenziata impedisce di individuare efficienze o inefficienze nelle diverse fasi e quindi di intervenire efficacemente nella gestione.

Sarà quindi necessario tenere dei quaderni/ registri, indifferente se in formato cartaceo o digitale, in cui annotare le ore/giornate dedicate alle diverse attività. Anche qui vale la regola del dettaglio, quindi raccomando di non limitarsi a suddividere la manodopera tra vigneto, cantina, imbottigliamento, ma di identificare le principali operazioni colturali e di cantina, i vini a cui sono dedicate le operazioni (ad esempio distinguendo tra quelli che fanno un passaggio in botte/barrique e quelli che non lo fanno), ecc… Questo permetterà di valutare meglio l’opportunità o meno di esternalizzare certe lavorazioni (o al limite di realizzarle tout-court), di investire in macchinari ed attrezzatture che permettano una maggiore automazione, ecc… Stesso discorso, e stesso principio, vale per i macchinari che dovrebbero avere una scheda “individuale” su cui riportare i consumi di carburante e le manutenzioni effettuate.

Per quanto riguarda i costi variabili di produzione, questi sono normalmente più facilmente reperibili dalla contabilità aziendale. Nel riquadro è riportato un esempio di analisi del costo di produzione e vendita di una bottiglia per calcolare il conto economico di un vino. L’ideale sarebbe acquisire i dati di costo direttamente dal programma di contabilità aziendale per calcolare il costo complessivo. In realtà questo è quasi sempre impossibile per il modo in cui sono impostati i programmi e quindi è necessario inserire manualmente i dati per i diversi vini in un foglio Excel. La prima volta è un’operazione brigosa, ma meno di quanto sembri, mentre poi negli anni successivi gli aggiornamenti vanno fatti solo per le voci che subiscono variazioni e possono essere automatizzati calcolandoli come % di incremento o decremento rispetto al dato di partenza.

Per quanto riguarda invece i costi di commercializzazione (vendita e marketing) anche qui la questione principale è l’attribuzione di costi ai diversi vini e mercati. Come sempre trattandosi di costi comuni si deve avere la consapevolezza che non sarà possibile attribuirli tutti ad un determinato vino oppure ad un determinato mercato. Ad esempio il costo di creazione e gestione del sito internet aziendale rimarrà necessariamente e giustamente un costo generale. D’altra parte i costi di viaggio, comunicazione e promozione dovrebbero essere attribuiti almeno ai diversi mercati per poter valutare l’efficacia delle strategie. Non dovrebbe essere invece un problema l’attribuzione dei costi provvigionali, perché si tratta di costi diretti legati alle vendite su un determinato mercato. I costi di amministrazione sono tipicamente costi generali, anche se considerando il carico di adempimenti burocratici previsti per la produzione di uva e vino potrebbe essere utile separare i costi amministrativi legati a vigneto, cantina ed imbottigliamento dagli altri. Come dicevo all’inizio, l’analisi dei costi permette di focalizzare l’attenzione nella ricerca di eventuali risparmi. In questo caso le due linee guida da seguire sono l’entità complessiva del costo e la semplicità di intervento, per cui vale la pena intraprendere un intervento complesso se l’entità del risparmio è grande e/o cogliere un piccolo risparmio se l’intervento richiesto è limitato.

Il primo passo per la ricerca di risparmi è ordinare le voci di spesa in ordine decrescente e cominciare ad analizzarle partendo dalla più grande. Sembra banale, ma spesso sfugge che un risparmio del 2% su una voce che pesa per il 15% dei costi aziendali vale di più di un risparmio dell’8% su una voce che pesa il 3% del costo totale. Oltre che da una trattativa più stringente con i fornitori, i risparmi possono derivare da cambiamenti di processo come la riduzione dei formati di bottiglia, che permette di acquistare lotti più grandi e riduce anche i costi di imbottigliamento migliorando la resa della linea, dei decori sulle etichette, che se sono troppi rischiano di renderla più confusa invece che più preziosa, ecc.

Più difficili da valutare, ma non per questo meno importanti, cambiamenti nelle strategie di vendita e marketing in grado di generare risparmi. Nel caso delle vendite gli sconti previsti dalle condizioni di vendita non andrebbero mai presi come “standard”, bensì rivisti regolarmente. Ridurre l’ammontare degli sconti incondizionati non solo permette di recuperare marginalità, ma anche di fare interventi promozionali più impattanti se e dove necessario. Concludo con una riflessione sulla gestione dei fornitori perché, soprattutto per le aziende medio-grandi, ci potrebbe essere la tentazione di forzare eccessivamente la trattativa sui prezzi. Chiedere di andare oltre certi limiti però rischia di peggiorare la qualità del prodotto/servizio fornito e di mettere in crisi il rapporto. Per esperienza i fornitori bravi e affidabili non sono così facili da trovare, quindi consiglio di pensarci bene prima di metterli alle spalle al muro con il rischio di perderli. Detto in altro modo per essere scattanti e reattivi i fornitori vanno tenuti magri, ma non denutriti.