L'Editoriale Numero: 01 / 2016

Quel che tu cerchi è terra

Millevigne 1/2016*** Riflessioni sul 2015 appena trascorso e proclamato Anno Internazionale del suolo.

Andrea Fasolo
Quel che tu cerchi è terra

Il suolo è essenziale per la vita. Anche in questo periodo freddo (non poi tanto, in verità) continua a fremere la vita sotto ai nostri piedi e attorno alle radici delle nostre piante.

Il 2015 è stato l’Anno internazionale del suolo. Un’occasione per parlare di terra, sostanza organica, azioni che rendano più sostenibile l’agricoltura e magari mitighino i cambiamenti climatici.
Tutto ruota attorno al carbonio, a leggere i titoli usciti lo scorso autunno. Un autunno caldo: conclusione dell’IYS2015, COP21, il lancio dell’iniziativa 4p1000; ma anche la presentazione di dati interessanti: dal progetto sulla fertilità del suolo condotto per VinNatur, al progetto veneto VeneTerroir, o ancora altri dati da Arvalis (Istituto di ricerca francese), dalla letteratura scientifica e chissà quanto altro. Tutto ruota attorno al carbonio, ma è proprio vero?

L’agricoltura conservativa (eliminazione o forte riduzione delle lavorazioni del terreno, rotazioni, sovesci) ne ha fatto un vanto, sorpassando a destra altri approcci agrari proprio su uno dei temi cardine della sostenibilità agricola: la sostanza organica e, in sintesi, il suo elemento fondante, il carbonio.

Arvalis in novembre ha pubblicato numeri interessanti: dopo 40 anni di sospensione delle lavorazioni, il carbonio nel suolo non è aumentato rispetto a itinerari semplificati o convenzionali (aratura). Smettere di lavorare non basta, bisogna nutrire, costruire il suolo. I sovesci, le cover crop sono uno strumento fondamentale, tanto quanto l’apporto di compost o letame (di qualità) – ma su questi torno dopo. È importante che sia la pianta a costruire in loco la fertilità e la sostanza organica: fissando carbonio (fotosintesi), azoto, riciclando altri nutrienti ma soprattutto stimolando l’attività biologica attraverso gli essudati radicali. Se solo conoscessimo di più quel meraviglioso mondo chiamato rizosfera!

È importante quindi la gestione del carbonio: il passaggio attraverso processi biologici implementa questi ultimi in un circolo virtuoso, e pazienza se la respirazione microbica consuma parte di quel carbonio. Istosuoli di palude hanno vissuto fenomeni di sottrazione della sostanza organica a questi cicli, ed è la ragione per cui mantengono uno stock così elevato, ma la proporzionalità degli effetti positivi (e l’assenza di effetti negativi) è ipotesi tutta da verificare.

Anche la gestione a livello di vigneto è importante: nel progetto VeneTerroir si è studiato il legame tra vino e terroir di provenienza. I dati sono nelle fasi finali di elaborazione, ma subito balza agli occhi come la gestione del vigneto e del paesaggio abbia un ruolo determinante nella salute delle piante e del suolo, e i vari indicatori biologici lo dimostrano. Portare l’ecosistema vigneto a integrarsi nell’ambiente circostante ritrovando l’equilibrio originario è possibile, anche se complesso, grazie a siepi fiorenti, ripari per l’entomofauna utile e molte altre pratiche.

Molto più difficile far ritrovare al suolo l’equilibrio del prato che fu. Jones et al. (2016) hanno studiato come, in clima semi-arido, un suolo coltivato per anni e poi convertito in prato, ha molta difficoltà nel recuperare la capacità di stoccare carbonio e azoto, la struttura e la fertilità, nonostante i molti anni di gestione a basso input, quasi fosse un equilibrio tanto fragile da non essere più recuperabile, almeno non nei 20 anni di studio.

Composter, c’est polluer! Il processo di compostaggio offre un’importante opportunità di riciclo delle biomasse e di reintegro di sostanza organica. Ma se inquinasse? Konrad Schreiber ha lanciato una provocazione all’ultima grande manifestazione sull’agroforestazione. Ci sono elementi su cui riflettere: processare, rivoltare e distribuire questa biomassa significa emissioni, passaggi sul terreno. Ma è l’aspetto energetico che colpisce: il calore che sviluppa, il carbonio respirato e l’azoto consumato: tutto a favore di organismi che vivono nel compost e lo trasformano. Ma il nostro terreno quanto ne beneficia? E se li alimentassimo direttamente nel terreno, nutrendo le piante?

Sono ancora tante le domande e le cose da capire. Ma intanto possiamo fare una cosa: adeguare il nostro approccio alla complessità del suolo, alla ricchezza della rizosfera, e non focalizzare e concentrare tutte le attenzioni su un solo cavallo vincente. La natura non lo fa mai.