Enologia Numero: 04 / 2018

Quercetina e Sangiovese: il paradosso enologico dei vini di pregio

La quercetina è un potente antiossidante presente in numerose specie vegetali, tra le quali la vite.

Elisa Martelli
Quercetina e Sangiovese: il paradosso enologico dei vini di pregio

La sua azione antinfiammatoria l’ha resa motivo di studi a livello farmaceutico ed è probabile che le proprietà che caratterizzano le uve si mantengano anche – almeno in parte – nei vini ed in particolar modo nei vini rossi, che ne sono naturalmente più ricchi a causa del contatto del mosto con le bucce durante la fermentazione alcolica.

Tuttavia, per quanto tale sostanza possa apportare effetti benefici alla salute, un eccesso di accumulo di quercetina nelle uve può portare – durante la conservazione del vino in bottiglia e in condizioni non ancora del tutto note – alla formazione di composti insolubili che finiscono col precipitare. Il deposito che si forma, descrivibile come una massa amorfa e voluminosa di colore dal giallo sporco al verde scuro e con la consistenza simile alla fibra di vetro, può rappresentare un enorme danno economico e di immagine per le aziende produttrici, che difficilmente riescono a convincere il consumatore finale della bontà del vino. Inoltre, essendo a sua volta una fonte di sviluppo per altre forme di intorbidamento, la quercetina può co-precipitare insieme ad altri composti: ciò avviene soprattutto nel caso di vini di pregio, generalmente più ricchi in colore, in polifenoli, spesso non microfiltrati o severamente stabilizzati.

La sintesi nelle uve e i fattori che influenzano l’accumulo

La quercetina è un flavonolo appartenente alla classe dei flavonoidi (vedi per questo e altri composti citati il richiamo chimica): nella vite è presente sia nelle parti verdi della pianta (foglie, tralci), che nei vacuoli della polpa (in tracce) e nella pellicola delle uve bianche e rosse. Nelle uve la concentrazione di quercetina può variare da poche decine di mg/kg fino ad oltre 200 mg/kg e la ritroviamo prevalentemente nelle sue forme glicosilate (come glucoside, glucuronide, galattoside e rutinoside), ovvero legate agli zuccheri.

Oltre alla quercetina, nelle uve bianche ritroviamo anche piccole quantità di canferolo glicoside, mentre nelle uve rosse – oltre al canferolo – si ritrovano anche i glicosidi della miricetina, dell’isoramnetina, della laricitrina e della siringetina.

La sintesi dei flavonoli avviene nella vite in risposta a stress cui è sottoposta durante la stagione vegetativa: in particolare, lo stress luminoso sembra avere un effetto notevole sulla produzione di quercetina, ancor più che sulla produzione di antociani, responsabili del colore rosso dei vini. Mentre generalmente la sintesi della quercetina-3-glucuronide si conclude in prossimità dell’invaiatura, quella dei 3-glucosidi della quercetina e degli altri flavonoli inizia in prossimità dell’invaiatura e prosegue fino alla fine della maturazione delle uve. Tuttavia, come succede per gli antociani, anche per i flavonoli possiamo dire che, in condizioni di stress termico eccessivo, le reazioni di degradazione possono superare quelle di sintesi, comportando una diminuzione della loro concentrazione nelle uve. Se invece la temperatura si mantiene su valori non eccessivamente alti, l’esposizione dei grappoli alla luce diretta del sole porta al massimo accumulo dei flavonoli. Al contrario, nel caso i grappoli si trovino all’ombra, la sintesi della quercetina avviene in maniera rallentata, fino a non avvenire del tutto nel caso di assenza totale di luce. E’ ormai noto che la sfogliatura della parete fogliare conduca ad un incremento della concentrazione flavonolica nelle uve. Per tale motivo, pur non mettendo in discussione i notevoli vantaggi qualitativi che questa apporta sulla qualità delle uve (maggior accumulo di polifenoli sulla pianta se effettuata in fase precoce, arieggiamento del grappolo con conseguente mantenimento della sanità delle uve se effettuata tardivamente), occorre riconsiderare tale pratica alla luce delle considerazioni fatte sulla sintesi della quercetina, evitandola – o almeno riducendone l’entità– nelle annate in cui il rischio di precipitazioni di quercetina appare maggiore.

Il meccanismo della precipitazione della quercetina

La precipitazione della quercetina nel vino avviene in seguito all’idrolisi delle forme glicosidiche rilasciate nel mosto durante la fermentazione, a causa della loro scarsa solubilità dell’aglicone nel vino, molto minore rispetto alle forme glicosidiche da cui derivano.

I primi lavori riguardanti i meccanismi di formazione del deposito di quercetina nei vini risalgono al 1985, quando i ricercatori Somers e Ziemelis, analizzando un precipitato giallo di quercetina su vini bianchi ottenuti a partire da vendemmia meccanica, conclusero che questo si formava in conseguenza del passaggio nel mosto di quercetina rutinoside (molto presente nelle parti verdi della vite) e dalla sua successiva idrolisi nel vino e formazione del relativo aglicone (meno solubile della forma glicosidata in vino e quindi soggetto a precipitazione).

Come è noto, la copigmentazione assume un ruolo centrale nella formazione del colore dei vini giovani: la quercetina, grazie alla sua struttura planare, è considerata un potente cofattore in grado di legarsi agli antociani per formare composti più colorati e meno reattivi delle relative forme antocianiche monomeriche. Durante l’affinamento del vino, quando il tenore in antociani monomeri diminuisce in conseguenza del loro coinvolgimento nelle reazioni di polimerizzazione e nella formazione di piroantocianine, vengono meno le sostanze a cui la quercetina può associarsi e per tale motivo questa si ritrova nel tempo in forma meno stabile nel vino.

L’idrolisi dei flavonoli (ovvero la liberazione delle sue forme libere nel vino) e la velocità con cui questa avviene, dipendono principalmente dal pH acido del vino, oltre che dalla natura dei sostituenti glicosidici presenti nelle uve.

Nella vinificazione in rosso i travasi, la concentrazione e la disponibilità di cofattori (come gli antociani e altri composti fenolici) e la presenza di microrganismi capaci di idrolizzare il legame tra sostituente glicosidico e quercetina (attività β-glucosidasica), possono aumentare la velocità di idrolisi della quercetina glicosidata. Nella vinificazione in bianco invece, a causa del breve tempo di contatto delle bucce con il liquido, la concentrazione dei flavonoli e di conseguenza la diffusione dei flavonoli liberi nel vino è generalmente più modesta.

Dal momento che la solubilità della quercetina aglicone in vino è molto bassa (teoricamente 3-4 mg/l), se il suo tenore supera il valore della sua solubilità ad una determinata temperatura, essa può precipitare e formare i depositi: la precipitazione può avvenire in un lunghissimo arco di tempo (anche anni) e può verificarsi nelle vasche e nelle botti durante l’affinamento così come in bottiglia.

Uno studio pubblicato nel 2014 (Precipitati di Quercetina nei vini. Lanati et al) ha messo in evidenza il ruolo positivo dell’ossigeno nel favorire la precipitazione della quercetina: sia la pratica della micro-ossigenazione che l’incremento del numero di travasi del vino durante il suo affinamento sembrano accelerare la sua precipitazione in cantina, diminuendo il rischio che questa avvenga in bottiglia. Allo stesso modo, anche il PVPP e – parzialmente – il carbone vegetale, si sono rivelati prodotti di trattamento dei vini utili per l’eliminazione preventiva della quercetina.

Gli effetti negativi derivanti da un’eccessiva ossigenazione dei vini o dall’utilizzo di prodotti che abbattono non selettivamente la componente polifenolica (nel caso del carbone, anche quella aromatica), devono tuttavia far valutare di volta in volta l’opportunità di esecuzione di tali trattamenti.

Il progetto Questab e la chiusura lavori

Nel 2016 è stato dato il via ad un nuovo progetto di ricerca su Sangiovese e quercetina chiamato Que-stab (http://www.isvea.it/2017/04/21/progetto-que-stab/), della durata di due anni. Il progetto, terminato nel Giugno 2018, ha presentato i risultati derivanti dalla sperimentazione durante un convegno di chiusura lavori.

Il progetto Que-Stab ha coinvolto tre partner principali: l’azienda Col d’Orcia, capofila del progetto, il laboratorio analitico Isvea come partner tecnico e il Consorzio del vino Brunello di Montalcino.

Lo studio, nato dalla volontà dei produttori di Montalcino di raccogliere e sintetizzare le esperienze e le conoscenze già acquisite, unendole a nuove sperimentazioni e verifiche, è stato indirizzato ad identificare strategie tecnologiche di produzione che possano evitare gli inconvenienti legati alla quercetina e nel contempo a preservare nel vino tutte le potenzialità qualitative dell’uva ed esaltare le qualità dei vini a base Sangiovese.

Il progetto, che consisteva in molteplici azioni da sviluppare tra i tre partner nell’arco di 24 mesi si è posto come obiettivo generale il trasferimento di un servizio di monitoraggio analitico in filiera che fosse idoneo a prevenire/abbattere i rischi di perdita di specifiche caratteristiche qualitative e di stabilità di prodotto, in riferimento alle precipitazioni di Quercetina.

Tra gli obiettivi specifici, la caratterizzazione analitica del contenuto flavonolico in uve e vini mediante HPLC/DAD/HRMS con particolare riguardo al contenuto in quercetina e derivati, compresi ulteriori derivati di natura flavonolica quali kaempferolo e miricetina derivati.

Il video integrale del convegno è disponibile online sul sito: https://www.infowine.com/it/video/i_risultati_toscani_sulla_quercetina_presentati_a_montalcino_sc_17353.htm.

Qui di seguito, pubblichiamo invece una breve intervista al dott. Ferrari (ISVEA), concernente i risultati del progetto Que-Stab.

1- perché secondo i vostri risultati e riscontri il problema delle instabilità da quercetina si è manifestato solo in questi ultimi anni sul Sangiovese?

R – Non si può affermare con certezza che questo fenomeno non si sia mai manifestato in precedenza: la caratterizzazione analitica della quercetina è divenuta attendibile e relativamente semplice solo da pochi anni, e magari qualche precipitazione in passato potrebbe essere stata attribuita ad altre cause. Di certo è divenuto progressivamente molto più frequente e non raramente anche di proporzioni ragguardevoli negli ultimi 15-20 anni; i motivi di ciò possono essere ricondotti essenzialmente ad uno stile agronomico ed enologico sempre più orientato verso la qualità. L’impianto di vigneti con maggiori densità, l’utilizzo di portinnesti meno inclini alla vigoria e di cloni caratterizzati da maggior concentrazione, e soprattutto l’adozione di tecniche orientate ad una maggior sintesi di pigmenti – la sfogliatura su tutte -, hanno favorito l’ottenimento di uve più ricche di polifenoli in generale, incrementando tuttavia ancora di più l’efficienza della sintesi di flavonoli. La contemporanea tendenza a gestire la maturazione del vino al riparo dalle alte temperature, in condizioni sempre meno ossidative (meno travasi, utilizzo di botti grandi a discapito delle barrique, ecc.) e limitando al massimo gli interventi sottrattivi (come le chiarifiche), fa sì che tenori più elevati di quercetina perdurino più a lungo nel vino.

2- la quercetina è un antiossidante, potrebbe presentare delle potenzialità nell’uso enologico o alimentare o salutistico?

R – come esaustivamente riportato dalla Pr.ssa Romani nel suo intervento, le potenzialità della quercetina come integratore alimentare/nutraceutico sono moltissime, e questo potrebbe configurarsi in un interessante e remunerativo impiego dei depositi (purché opportunamente caratterizzati).

Per quanto riguarda l’uso enologico, con la doverosa premessa che il suo impiego come additivo al momento non è autorizzato, si potrebbe facilmente immaginare un’interessante applicazione dei glicosidi stabili come antiossidanti (proprietà che si desume chiaramente anche dalle prove di ossigenazione effettuate in cantina nel corso del progetto). Inoltre, e non solo per le relative proprietà antiossidanti, questi potrebbero altresì essere impiegati per stabilizzare il colore dei vini rossi giovani.

3- cosa dicono i risultati del progetto sulle possibilità di controllo in vigneto e in cantina delle forme più instabili?

R – Attualmente, per quanto riguarda le uve, le variabili maggiormente discriminanti si sono confermate essere la varietà e l’irraggiamento, pertanto tutte le condizioni intrinseche (esposizione e clima) e le scelte agronomiche (su tutte la sfogliatura) da cui dipende l’intensità di quest’ultimo rappresentano dei fattori di controllo Per quanto riguarda i vini, l’unica pratica in grado di stabilizzare in modo rapido ed efficace vini contenenti tenori di quercetina eccedenti le soglie di stabilità note è la stabilizzazione con PVPP; per limitare al minimo indispensabile questo trattamento (non indolore per la composizione – soprattutto antocianica – del prodotto, e peraltro non consentito in regime biologico), è fondamentale operare al fine di ridurre più possibile il contenuto in quercetina glucoside (precursore) ed in aglicone (responsabile diretto della precipitazione) del vino, e sostenerne, quando il livello di rischio è medio-basso, la concentrazione in tannini e tannini pigmentati, che danno un piccolo – ma non insignificante – contributo stabilizzante.

4- cosa si potrebbe consigliare ai produttori di Sangiovese x non avere problemi di instabilità nei prossimi anni?

R – In via preventiva è consigliabile razionalizzare le operazioni di sfogliatura del vigneto, riducendole quando possibile in numero ed intensità e – da quanto è emerso dalle osservazioni effettuate nel corso del Progetto – eseguendole più tardi possibile rispetto alla fase fenologica di allegagione. Estremamente auspicabile in termini di sviluppo di ricerca, risulterebbe altresì una caratterizzazione del materiale clonale esistente in termini di efficienza e precocità di sintesi di quercetina glucoside nella bacca, e dell’effetto su di essa da parte delle tecniche agronomiche applicabili.

La caratterizzazione precoce della concentrazione in quercetina è fondamentale per programmare razionalmente la gestione della vinificazione: a questo scopo, la determinazione del suo tenore in flavonoli dell’uva rappresenta l’indicazione primaria riferibile al livello di rischio.

Nel corso dell’elaborazione del vino, premesso sempre che la caratterizzazione analitica è indispensabile per classificare il livello di rischio, è possibile delineare delle linee guida finalizzate a ridurne progressivamente l’entità; esse dovranno essere applicate con maggiore anticipo quanto più è elevato il rischio ed anticipato l’imbottigliamento:

  1. Fase di Macerazione: l’anticipazione dell’estrazione e dell’idrolisi del glucoside nonché della precipitazione dell’aglicone è la chiave per gestire la vinificazione di partite d’uva caratterizzate da livelli tangibili di rischio; a questo scopo è consigliabile:
  2. Intensificare l’ossigenazione del mosto già dai primi giorni di macerazione;
  3. Utilizzare un enzima glicosidasico o meglio, soprattutto in caso di uve ricche in tannini, un ceppo di lievito con attività glicosidasica;
  4. Evitare l’aggiunta di tannini esogeni soprattutto nelle fasi più precoci (ovvero del tutto, qualora l’uva ne siasufficientemente dotata).
  5. Fase di Èlevage:
  6. Utilizzare preferibilmente contenitori in legno nuovo con elevato rapporto superficie/volume;
  7. Praticare interventi di microssigenazione, intensificare i travasi;
  8. Mantenere basso il livello di anidride solforosa del vino, senza omettere di effettuare controlli microbiologici con sufficiente frequenza;
  9. Evitare di far soggiornare il vino a temperature molto basse ed in caso di livelli particolarmente elevati di quercetina sottoporlo a cicli caldo-freddo.
  10. Fase di pre-imbottigliamento:
  11. Preventivamente all’assemblaggio delle masse, individuare quelle caratterizzate da un sensibile fattore di rischio e gestirle separatamente;
  12. Considerare la possibilità di assegnare le partite a maggior rischio all’assemblaggio dei prodotti comprendenti percentuali sensibili o importanti di vini ottenuti da varietà ricche in tannini e/o polifenoli come Merlot, Cabernet, Montepulciano ecc.
  13. Nella necessità di stabilizzare in pre-imbottigliamento un prodotto a rischio da medio-basso ad elevato, l’unico ausiliare dimostratosi efficace è il PVPP (polivinilpolipirrolidone); è assolutamente raccomandabile eseguire un test preliminare al fine di limitare la dose impiegata alla minima indispensabile, dal momento che l’operazione può arrecare detrimento alla qualità generale del vino (in particolare, all’intensità del colore);

Per prodotti caratterizzati da un livello di rischio contenuto, si può prendere in considerazione l’impiego di prodotti afferenti alle classi dei tannini o delle mannoproteine, che hanno mostrato qualche tendenza a limitare e/o differire la precipitazione del flavonolo in eccesso.


RICHIAMI DI CHIMICA – I FLAVONOIDI E LA SOTTOCLASSE DEI FLAVONOLI (Makris D.P., Kallithraka S. and Kefalas P. Journal of Food Composition and Analysis 2006, 19, 396–404)

flavonoidi

Struttura generale dei flavonoidi

FLAVONOIDI
I flavonoidi sono costituiti da due anelli fenolici legati ad un anello piranosico. In questa classe confluiscono molte strutture che differiscono tra loro per il numero e la posizione di gruppi ossidrili (-OH) e metossi (-OCH3) sugli anelli aromatici ed ogni struttura può essere variamente legata con glicoli, acilati ed esteri. Le specie di flavonoidi più importanti per reazioni e proprietà sensoriali nel vino sono le antocianine, i flavanoli ed i flavonoli; in minore quantità sono invece presenti altri composti appartenenti alla stessa famiglia, i flavanonoli e i flavoni.

flavonoli

Strutture di più comuni flavonoli agliconi nel vino

FLAVONOLI
I flavonoli costituiscono un gruppo di flavonoidi che variano nel colore dal bianco al giallo e sono strettamente correlati, per la struttura, ai flavoni. I più abbondanti nel vino sono la quercetina, la miricetina, il canferolo e la isoramnetina.

Questi composti sono interessanti per il loro ruolo di antiossidanti, anche se il meccanismo preciso del processo di ossidazione non è del tutto compreso. È però noto che la loro attività dipende dalla loro struttura e in particolare la sostituzione con un 4-cheto e 3- o 5-idrossi gruppo è considerata essenziale per la funzione di chelazione dello ione metallico.

Questa loro abilità di complessare lo ione contribuisce alla loro proprietà antiossidativa, per prevenire la formazione di radicali liberi.

La presenza di questi composti nel vino differisce da quella presente nel grappolo d’uva per la presenza di forme aglicone, che sono originate dall’idrolisi della forma glicosilata durante la vinificazione, la maturazione e l’invecchiamento del vino stesso


Bibliografia

Ferrari S., Cavaglioni (ISVEA): Peculiarità del profilo fenolico del Sangiovese: La Quercetina, www.infowine.com – Rivista di Viticoltura ed Enologia, 2007, n. 6/3
Lanati D., Marchi D., Cascio P. (Enosis s.r.l.): Precipitati di Quercetina nei vini, 37th World Congress of Vine and Wine and 12th General Assembly of the OIV, 06007 (2014).
Convegno di chiusura Progetto – QUE-STAB Quercetina & Vino, 15 giugno 2018, Montalcino (SI). Materiale pubblicato su Infowine.com (https://www.infowine.com/it/video/i_risultati_toscani_sulla_quercetina_presentati_a_montalcino_sc_17353.htm)