Alberto Angelino
Che si parli di vino in una sinagoga magari a suon di musica e agitando i piedi non è particolarmente strano per chi conosce l’ebraismo: ci sono centinaia di passi della Torah dedicati alla bevanda che è parte integrante di tutte le feste e le celebrazioni, così come i testi sacri sono pieni di note e di danze. Quindi è stata una scelta felice che domenica 7 maggio, in una Casale Monferrato ricca di appuntamenti enoici di Golosaria, la Locale Comunità Ebraica abbia dedicato al vino una tappa della propria stagione culturale, con un concerto in sinagoga e una degustazione. E proprio per introdurre il concerto Elio Carmi, Presidente della Comunità Ebraica di Casale, parte da un’immagine che i visitatori del Museo che si affaccia sulla Sinagoga conoscono bene. “In una delle prime sale è collocata una sovrapporta con due uomini che trasportano un gigantesco grappolo d’uva. E’ la rappresentazione degli esploratori inviati da Mosè nella terra di Caanan, i quali ritornano insieme alla prova che fosse abitata dai giganti. Così il popolo di Israele dovette aspettare ancora 40 anni per entrarvi. Una metafora di come per fare le cose bene ci vuole tempo”.
Del resto di simbologie enoiche se ne sono ascoltate parecchie in questo straordinario giro intorno al mondo dal titolo “In Vino Very Tanz” messo in scena dal progetto DAVKA di Maurizio Di Veroli. Sì perché la musica ebraica è come la cucina Kosher: in ogni luogo in cui si edifica una Sinagoga gli ingredienti locali si fondono con quelli di una tradizione millenaria. Però, siccome il vino è un comune denominatore di tutte le culture, quello che succede in questo concerto è un continuo rimescolarsi di temi, suoni e persino lingue. Lo si capisce bene quando Di Veroli intona i canti della festa di Purim nella tradizione livornese, un inno all’allegria etilica in cui il vernacolo toscano si plasma su temi che in breve diventano quelli della più pura musica popolare italiana da osteria. E poi, subito dopo, si va al centro dell’Europa per ascoltare in yiddish “A Glezele Yash” che invece del vino parla come rifugio e speranza per poter tornare a ballare. E in effetti il ritmo in levare sempre più accelerato invita il pubblico a partecipare. Anche se sono solo in tre, i DAVKA sanno essere trascinanti, con la fisarmonica di Desirée Infascelli ora triste, ora roboante e soprattutto con clarinetto di Eleonora Graziosi in primo piano, decisamente scoppiettante e con la sonorità giusta per questo tipo di musica.
Il viaggio tocca altre località e altre festività: si va nel Nord Africa per ricordarci del vino durante lo Shabbat. di nuovo nell’Europa Orientale per spiegare Sukkoth. Ma c’è anche il tempo di fare un salto nel Monferrato per un classico della tradizione giudaico – piemontese: “La Crava” con cui i DAVKA ci introducono a Pesach, festa dove il vino è indispensabile. Compare anche un brano in ebraico e in inglese: Le chaim – To Life, dal Musical il violinista dul tetto ambientato nella Russia Zarista, mentre il concerto si conclude con Zol Shoyn Kumen di Geule che invita, in mancanza di vino, a brindare con l’acqua. Cosa che però non è certo avvenuta a chiusura dell’evento, visto che si è brindato con calici di Zinfander della California (Baron Herzog) e un raro Shiraz israeliano.
Bacco tra le note di Alberto Angelino sarà anche sul numero 2 di Millevigne di prossima uscita , con un’analisi originale ma estremamente realistica della più famosa cantata d’opera inneggiante al vino…