di Gabriela Tirino
Un inizio con il vetro, infatti il titolo del primo appuntamento è stato “Vetro vuol dire qualità”: un omaggio dovuto a questo materiale proprio nel 2022, che è stato decretato dall’Onu l’Anno Internazionale del Vetro e il cui riciclo rappresenta un fiore all’occhiello per il nostro paese.
“E’ un materiale riciclabile all’infinito” ha esordito Alessandro Dellavalle di Univetro, che, con dati alla mano, ha evidenziato il confortante stato dell’arte in Italia sul riciclo del vetro.
Nel 2020, il riciclo del vetro in Italia ha raggiunto il 79%, ben al di sopra del target europeo del 75% fissato per il 2030. L’impegno dell’industria è arrivare al 90% agendo su raccolta, trattamento e riciclo: del resto, tutto il processo non fa solo bene all’ambiente, infatti crea anche lavoro e l’Italia esporta know how in questo ambito. Il problema italiano in merito è la scarsità di vetro riciclabile, ossia non si riesce ad intercettarlo tutto, tanto che nel 2022 è stato necessario importare materia prima seconda. (Le materie prime seconde -in sigla mps– consistono in scarti di produzione o di materie derivanti da processi di riciclo che possono essere immesse di nuovo nel sistema economico come nuove materie prime NDR).
Come ha sottolineato Barbara Iascone, dell’Istituto Nazionale Imballaggio, il vetro oltre ad essere utilizzato in diversi settori produttivi come l’alimentare, la cosmetica, la farmaceutica, è molto radicato in essi. É un materiale che risponde a tre caratteristiche che fanno riferimento a precisi schemi valoriali: è ecosostenibile, rappresenta una buona relazione con la natura ed è elegante. Basti pensare a tutti quei prodotti confezionati in bottiglie o vasetti di vetro che percepiamo come di più alta qualità.
Se la produzione del vetro lo vede declinato nella realizzazione di diversi oggetti, le bottiglie rappresentano mediamente l’88% dell’intero comparto: dunque, quando si parla di questo materiale, il settore enologico è particolarmente interessato. In proposito è intervenuta Marina Marcarino, viticultrice, nonché presidentessa del consorzio Albeisa, che unisce i produttori di vini albesi intorno alla famosa bottiglia rappresentativa del territorio, che l’anno prossimo compirà cinquanta anni. Tra gli impegni del consorzio in merito al materiale, quello di alleggerire l’Albeisa è particolarmente significativo, perché è un’innovazione che, oltre a impiegare meno materia prima a fronte di standard di qualità equivalenti, incide sui trasporti. Accantonato, invece, per ora un progetto di recupero del vetro per il lavaggio, che sarebbe poco sostenibile a causa del processo di raccolta dei vuoti. Invece si punta a incidere sulle istituzioni locali per un recupero più razionalizzato, per esempio diviso per colori diversi del vetro.
A questo proposito ha risposto Dellavalle, assicurando che nel processo di riciclo del vetro questo tipo di selezione è meglio conseguibile in impianto piuttosto che in fase di raccolta, mentre, in generale, occorre piuttosto educare cittadini e aziende su cosa è vetro e cosa non lo è. Per esempio il cristallo non va smaltito nel vetro, perché contiene piombo, e pochi frammenti di cristallo possono compromettere grandi quantità di rottame riciclabile.
Al dibattito è intervenuto anche il professor Giorgio Calabrese, rimarcando che “il vetro è salute” per tutte le sue caratteristiche di mantenimento degli alimenti. Unica pecca del vetro, dal punto di vista della salute, è che può rompersi in mille pezzi e molti genitori, per esempio, lo evitano se hanno bimbi piccoli. Quindi, per Calabrese, un’ispirazione per l’innovazione di questo materiale potrebbe essere rivolta a come renderlo meno frantumabile in caso di rottura accidentale.
Del resto il riciclo è una pratica che stimola la ricerca e la creatività a trovare sempre nuove soluzioni, come ha ricordato Franco Fassio docente dell’Università di Pollenzo, ed è fondamentale per rispettare il “patto intragenerazionale” e lasciare un mondo vivibile alle generazioni future.