di Monica Massa
Sono tra le più piccole doc italiane, vengono prodotte da appena cinque aziende vitivinicole – di cui quattro a conduzione femminile – in una piccola porzione di territorio tra Gabiano, Moncestino e Castel San Pietro (Camino) in provincia di Alessandria. Rubino di Cantavenna e Gabiano, doc riconosciute rispettivamente nel 1970 e 1983 grazie all’impegno del senatore Paolo Desana, sono state le protagoniste di una masterclass alla cieca condotta da Gianni Fabrizio, curatore della Guida I Vini d’Italia de Il Gambero rosso. L’evento è stato organizzato dal Consorzio Colline del Monferrato Casalese che tutela, oltre al Grignolino del Monferrato Casalese doc e e la Barbera del Monferrato superiore docg , anche queste due piccole denominazioni, frutto entrambe di un blend a prevalenza Barbera, che nel caso del Rubino dev’essere minimo il 75% e per il Gabiano invece tocca il 90% mentre la restante parte è a base freisa o grignolino. Suggestiva la scelta della location, ovvero il Castello di Gabiano, uno dei più belli e meglio conservati del Monferrato Casalese, e che è anche sede di una delle aziende produttrici delle due piccole doc.

Dopo aver visitato le cantine del castello e anche gli spazi privati – aperti al pubblico in via eccezionale- ancora abitati dai proprietari i Marchesi Cattaneo Adorno Giustiniani, si è passati a degustare alla cieca i sette vini proposti, di cui i primi quattro Rubino di Cantavenna e gli altri tre Gabiano, di cui uno Riserva, ovvero immesso al consumo almeno 24 mesi dopo il primo gennaio seguente la vendemmia.
L’esordio di Gianni Fabrizio è stato abbastanza scontato e ha riguardato la riflessione sulla “massa critica” che queste doc possono avere dal momento che, insieme, non superano le 25 mila bottiglie l’anno. Ascoltando produttori e produttrici la piccolezza dei numeri però non sembra preoccupare in quanto questi vini così identitari, legati al particolare microclima e ai terreni su cui insistono i vigneti sono molto apprezzate dai privati e dalla ristorazione di livello, e per certi versi vengono utilizzate come volano per far conoscere e apprezzare anche gli altri vini dell’azienda.

La degustazione del Rubino delle annate 2019-2018-2017 e 2016 ha evidenziato che le connotazioni di questo vino sono legate a doppio filo col microclima e il terreno su cui insistono i vigneti: annate diverse per profumi e struttura, ma tutte con una piacevolezza che dimostra di saper anche invecchiare.
Una capacità di invecchiamento che si è riscontrata in misura superiore nel Gabiano complice la maggior percentuale di Barbera (minimo 90%) che regala, rispetto alla doc Rubino, più densità all’occhio e grande persistenza al palato. Il finale della masterclass ha riservato una sorpresa conservata nella cantina del padrone di casa, il Marchese Cattaneo Adorno Giustiniani: un Gabiano a cui, alla cieca, la maggior parte dei partecipanti ha attribuito all’incirca cinquant’anni di età e che al termine si è rivelato essere risalente all’annata 1964! Il Gabiano può essere dunque un vino longevo, alla pari di vini piemontesi ben più ricercati – e costosi- , complice anche una viticoltura che fino agli anni 80 del secolo scorso non era ancora stata colpita dall’abbandono di zone particolarmente vocate ma difficili da coltivare, da parte di tanti che preferirono l’impiego sicuro in fabbrica, nell’indotto FIAT. Ora grazie alla passione e all’impegno di cinque produttori – ma a produrre il Gabiano sono invece solo due – e con il supporto del Consorzio, si vuole dare a queste piccole doc lo spazio che meritano. Lulù Botto che è l’ultima arrivata come produttrice di Rubino, recuperando nel 2013 la cantina del nonno, ha le idee chiare “Dobbiamo imparare a farci conoscere”.

Le aziende produttrici:
Rubino di Cantavenna doc della Aziende Agricole: Cattaneo Adorno Giustiniani, Tina Sbarato, Ca’ Ordano e Guazzotti; Gabiano doc delle Aziende Agricole: Cattaneo Adorno Giustiniani e Tina Sbarato.