Marzo 2023

Architetture d’autore per le cantine italiane: a Firenze una mostra e un convegno

Architettura e cantine d’autore rappresentano un motivo di attrazione per l’enoturismo. A Firenze la mostra “Nuove Cantine Italiane. Architetture e Territori”

Architetture d’autore per le cantine italiane: a Firenze una mostra e un convegno

Alessandra Biondi Bartolini

La mostra “Nuove Cantine Italiane. Architetture e Territori” a cura di Roberto Bosi e Francesca Chiorino,, è un progetto itinerante della rivista «Casabella» in collaborazione con ProviaggiArchitettura. Dopo Verona, Pollenzo e Merano, l’ultima tappa dell’esposizione è stata a Firenze dall’11 al 19 febbraio, nella Galleria delle Carrozze di Palazzo Medici Riccardi. L’11 febbraio in occasione dell’apertura della settimana dei vini della Toscana e dell’inaugurazione della mostra si è tenuto il convegno “L’architettura delle cantine e l’enoturismo”. Sono intervenuti Roberta Garibaldi e i progettisti che hanno firmato quattro delle dieci cantine presentate nella mostra, Archea Associati per la cantina Antinori nel Chianti Classico, Alvisi Kirimoto per la cantina Podernuovo di Bulgari, Zitomori per la cantina di Masseto di Frescobaldi e Fiorenzo Valbonesi per la cantina del Bruciato di Antinori a Guado al Tasso.

Nuove cantine italiane, architetture e territori
il video della mostra fotografica organizzata dalla rivista Casabella, a Firenze dall’11 al 19 febbraio

Enoturismo e contaminazioni culturali

Le contaminazioni tra le mete enogastronomiche, i territori del vino e il turismo culturale nelle sue diverse forme, trovano uno spazio sempre maggiore nell’interesse reciproco tra il mondo del vino e quello dell’architettura, l’arte, l’archeologia ecc.

Lo scenario, ha spiegato Roberta Garibaldi riportando gli ultimi risultati del Rapporto sul turismo enogastronomico italiano, è profondamente cambiato negli ultimi anni anche per effetto della pandemia, con un enoturista sempre più attento alle scelte di sostenibilità ambientale e sociale delle aziende e ai riconoscimenti come quelli che legano i territori del vino alla bellezza dei paesaggi storici e tradizionali nei siti UNESCO.

Cambiano i trend e cambiano le caratteristiche delle persone (non più solo persone di media età alto-spendenti, ma anche molti giovani e over-65) che arrivano nelle cantine in cerca di esperienze. Di conseguenza anche la progettazione dell’offerta e dell’accoglienza sono destinate ad adeguarsi.

Oltre alla sostenibilità tra i nuovi trend, crescono la scelta delle esperienze outdoor che non si è spenta con la fine dello stato di emergenza legato alla pandemia, il wellness e l’interesse per le connessioni tra città e campagna con esperienze rurali che entrano nel tessuto urbano come nel caso degli spazi verdi in gestione ai giovani e agli anziani, le vigne urbane di Torino, Milano e a breve anche Firenze o l’olio del Colosseo.

Il turista che apprezza queste esperienze” ha spiegato Garibaldi “desidera usufruire di tutta l’offerta culturale del luogo in modo coinvolgente e relazionale. Non più solo l’appassionato di vino ma un turista molto attivo, che si muove con la motivazione enogastronomica ma che poi ha voglia di diversificare le esperienze. Per i queste persone occorre dare spazio alle connessioni con gli altri temi, vino e arte, vino e design , dimore storiche, archeologia, aziende familiari, treni storici, musica, abbazie, moda e architettura”.

Sostenibilità, materiali poveri e rispetto del paesaggio nei progetti delle nuove cantine

il convegno su architettura ed enoturismoIl fenomeno che lega le grandi firme dell’architettura contemporanea agli spazi di produzione del vino ha inizio vent’anni fa con l’inaugurazione della Dominus Estate Winery in California, progettata dagli svizzeri Herzong & De Meuron. Da quel momento in poi in tutte le regioni vitivinicole del mondo sono nate cantine realizzate da nomi di levatura internazionale. Tra questi anche Norman Forster, Santiago Calatrava, Renzo Piano o Mario Botta si sono confrontati nella progettazione di realtà che non cessano di essere luoghi di produzione, assumendo però un legame con il territorio, rafforzando il brand e arricchendo di bellezza il paesaggi rurali in continua evoluzione.

Le quattro cantine toscane presentate dai loro autori, legate tutte a committenze e vini iconici per il mondo del vino italiano, presentano alcuni aspetti che le accomunano e alcune differenze che legano l’architettura al brand, descrivendolo negli spazi e nei luoghi.

Dai 55.000 metri quadrati dell’enorme cantina ipogea di Antinori nel Chianti Classico al Bargino (FI) alla piccolissima cantina di Podernuovo di Bulgari a San Casciano dei Bagni (Gr) di soli 3000 metri quadrati, l’integrazione con il paesaggio rurale e la scelta dei materiali più poveri, dal cemento faccia vista, il cotto, l’acciaio corten, sono trend comuni nell’architettura delle nuove cantine. Completano l’attenzione alla sostenibilità, non solo ambientale ma anche sociali, la scelta di materiali e di imprese e maestranze locali.

A queste si uniscono soluzioni di funzionalità come la disposizione del flusso di lavoro lungo linee verticali in modo da sfruttare la gravità, dai piazzali di conferimento fino ai piani interrati dell’affinamento e lo stoccaggio dei vini. L’integrazione con gli obiettivi di sostenibilità e di risparmio energetico rappresenta uno degli aspetti più innovativi nei progetti delle cantine. Come l’uso combinato della geotermia, i pannelli fotovoltaici e i tetti verdi in grado di ridurre i consumi e produrre autonomamente l’energia da utilizzare nei processi, adottati nel progetto di Podernuovo dello studio Alvisi Kirimoto. O come la costruzione di un guscio in lamiera di zinco titanio forato per dissipare il calore, trasformando il preesistente capannone industriale in un edificio passivo, descritto da Fiorenzo Valbonesi per la cantina del Bruciato di Antinori a Bolgheri, uno spazio di produzione funzionale e al tempo stesso poco impattante sull’ambiente e il paesaggio.

Cantine che parlano del prodotto e del produttore

Un aspetto particolarmente interessante è anche ascoltare nelle parole dei progettisti il modo con cui il processo creativo si articola a partire dal mandato dei produttori committenti e dalla loro necessità di esprimere nella cantina i propri valori e caratteri.

È stato ad esempio il ritorno alla terra e il desiderio di riunire in una sede iconica e di grande prestigio tutte le funzioni aziendali, tornando al punto di partenza da dove la famiglia era partita nel 1385, a guidare Piero Antinori nella richiesta allo studio Archea di progettare quella che, inaugurata ormai dieci anni fa, è stata eletta nel 2022 la cantina più bella del mondo nella classifica delle mete enoturistiche stilata da World’s Best Vineyards.

Un mandato complesso, data la dimensione del progetto e l’importanza storica oltre che commerciale della famiglia, che gli architetti hanno realizzato plasmando un sistema di volumi interni alla collina che, ha spiegato Laura Andreini, “ha trasformato la consueta realizzazione di un tetto in una coltivazione e trasformazione di una facciata in un vano nel terreno, un taglio per passare dalla bidimensionalità nella tridimensionalità dello spazio  e dei volumi ipogei”.

La necessità di dare un’identità al luogo di produzione di un vino iconico e dall’immagine molto forte prodotto fino a quel momento nella cantina di Ornellaia, una struttura realizzata conservando la morfologia della collina e che potesse ospitare un processo produttivo realizzato per gravità, creando una connessione tra la nuova architettura e il casale preesistente, è stata invece la volontà espressa da Frescobaldi per la cantina del Masseto a Bolgheri.

Una richiesta che  Maurizio Zito e Hirako Mori dello studio Zitomori hanno sviluppato nel concept di design della cava o della miniera. “Abbiamo creato una cantina tutta interrata che desse l’immagine della cava o della miniera, il luogo da dove si estraggono i materiali preziosi, come i prodotti che si ottengono ogni anno dalla cantina. Una struttura creata non costruendo ma estraendo”.