Manifestazione pro-glifosate a Narbonne. Foto da L’Indépendant
In Francia si combatte la guerra del glifosate. L’Agence nationale de sécurité sanitaire ha stabilito che in viticoltura si può usare solo nel sottofila, a una dose massima consentita di 450 grammi/ha/anno. Il che esclude di fatto la possibilità di fare più di un trattamento all’anno e di farlo su infestanti sviluppate. Nell’interfila sarà consentito solo in vigneti a forte pendenza, terrazzati e sassosi.
E’ una concessione rispetto alla promessa del presidente Macron di vietarlo del tutto: “La Francia sarà la prima nazione al mondo senza glifosate nei vigneti” aveva dichiarato nel 2017.
Il presidente ha fatto retromarcia, rimandando la decisione al livello europeo e confidando nella messa al bando nel 2023. Ma a molti viticoltori non basta. L’8 dicembre i vignaioli dell’Aude hanno organizzato una protesta a Narbonne per chiedere l’equiparazione della Francia agli altri paesi della UE anche su dosi e modalità di impiego.
Per placare gli animi senza rinunciare all’obiettivo di fondo, su pressione del governo il Senato ha adottato un emendamento al disegno di legge finanziaria, istituendo un credito d’imposta temporaneo fino a 2.500 euro per gli agricoltori che rinunceranno nel 2021 e 2022 a diserbare.
“La creazione di questo credito d’imposta e il rilascio di una dotazione aggiuntiva di 80 milioni di euro per la riconversione di attrezzature agricole sono il risultato di una forte volontà del governo di sostenere gli agricoltori – ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura, Julien Denormandie – Ogni transizione ha un costo e va quindi finanziata”.
Comunque la si pensi sul “glifò” come lo chiamano i Francesi, è per noi singolare che il presidente della repubblica, uno che ha più potere di Giuseppe Conte in Italia, scenda in campo di persona su un tema così specialistico. E’ forse la dimostrazione che la classe politica in Francia ha per l’agricoltura, e soprattutto per il vino, un’attenzione e una competenza specifica che non si trova da altre parti.
Il glifosate è cancerogeno? Forse che sì, forse che no
Il dibattito sul glifosate (chiamato anche glifosato, e più tecnicamente, glyphosate) è forte in tutto il mondo, soprattutto dopo la classificazione dello IARC, agenzia dell’OMS come “sospetto cancerogeno”, mentre l’Agenzia europea, l’EFSA, ha sostanzialmente escluso tale ipotesi come pure l’altra agenzia americana, l’EPA (agenzia per la protezione ambientale). Il dibattito non riguarda solo il sospetto di favorire il cancro ma anche altre conseguenze sulla salute umana, sulla presenza diffusa nella catena alimentare, sull’accumulo nelle falde, sull’ambiente e sugli insetti pronubi. Sono in gioco interessi finanziari potenti, battaglie legali a colpi di miliardi come quelli persi da Bayer in una causa in USA, apprensioni legittime del mondo ambientalista, pressioni contrastanti, perizie e controperizie che dimostrano l’una e l’altra tesi.
In Italia molte aziende vitivinicole, comprese alcune cooperative, anche se non in biologico, hanno abolito il diserbo; il Prosecco Superiore DOCG ha previsto tale abolizione a livello di Consorzio. Il consumo di glifosate nel settore vitivinicolo è complessivamente sceso negli ultimi anni e si può considerare ormai un fatto piuttosto raro nella maggioranza dei comprensori viticoli, anche grazie al miglioramento delle tecniche di rimozione meccanica delle malerbe nel sottofila.
Indubbiamente l’opinione pubblica è orientata contro il glifosate, preoccupata dalle notizie che ne riportano la presenza negli alimenti, in particolare derivanti dai cereali, e nelle urine di gran parte della popolazione.
Per chi volesse approfondire l’argomento proponiamo due interventi “pro e contro”.
Il primo è di Fiorella Belpoggi, Direttrice del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni, pubblicato sul sito dell’Istituto Ramazzini, un istituto particolarmente attivo nella guerra al glifosate. QUI
Il secondo è di Donatello Sandroni, agronomo, già ricercatore e con lunga esperienza nel settore dell’ecotossicologia degli agrofarmaci, ambito nel quale ha conseguito un dottorato di ricerca, autore di un libro intitolato “Orco Glifosato” – storia di lobby, denaro, cancri e avvocati”. QUI