Giugno 2023

Il progetto D wines: una mappa chimica e sensoriale per la diversità aromatica dei vini bianchi italiani

I primi risultati del progetto D wines che ha coinvolto sette università sono stati presentati nel convegno “Conoscere e valorizzare identità e diversità dei vini bianchi italiani”

Il progetto D wines: una mappa chimica e sensoriale per la diversità aromatica dei vini bianchi italiani

Alessandra Biondi Bartolini

L’Italia gode di una varietà di vitigni e vini unica al mondo; eppure fino ad oggi nessuno aveva ancora mai misurato e indagato quali aspetti, chimici e organolettici, siano in grado di differenziare e caratterizzare i vini italiani.  È per questo che nel 2015 è nato il progetto D wines, con l’obiettivo di realizzare un metodo diffuso di indagine che attingesse alle competenze di sette università italiane, da Nord a Sud, e di costruire una mappa il più possibile completa della diversità chimica e organolettica dei vini italiani. Un progetto di ricerca coordinato dall’Università di Verona che si è concentrato prima sulle caratteristiche fenoliche e l’impatto sul profilo di astringenza dei vini rossi, e successivamente sulle caratteristiche chimiche e aromatiche dei vini bianchi, e che ha visto coinvolte, oltre all’ateneo veronese, le Università di Torino, Padova, Trento, Bologna, la Federico II di Napoli e la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige.

I primi risultati sono stati presentati nel convegno “Conoscere e valorizzare identità e diversità dei vini bianchi italiani” che ha chiuso il 18 maggio i lavori di Enoforum 2023 a Vicenza.

guarda la video intervista a Maurizio Ugliano

Partendo da un numero cospicuo di campioni commerciali delle aziende più rappresentative delle denominazioni italiane, sono stati indagati i profili chimici, con un particolare approfondimento sulla componente volatile dei composti aromatici, i loro precursori e la loro evoluzione nel tempo. Ma sono stati oggetto di attenzione e ricerca  anche gli aspetti legati alla composizione in macromolecole, proteine e polisaccaridi, al colore, la capacità antiossidante e l’impatto delle pratiche enologiche. Con l’obiettivo finale di correlare queste matrici di dati relative alla composizione dei vini, con i loro profili sensoriali ed evidenziare l’impatto e il peso che i primi hanno sulla diversità e sulle caratteristiche di qualità percepita dei prodotti italiani.

Un compito non facile e unico nel suo genere ,spiega Maurizio Ugliano dell’Università di Verona e coordinatore scientifico del progetto, soprattutto dal momento che, con l’esclusione di alcuni come il Gewürtztraminer,  le varietà a bacca bianca delle denominazioni italiane sono per lo più uve neutre e di conseguenza per poter discriminare le differenze presenti sono stati necessari, non solo metodi e strumenti avanzati e molto sensibili, ma anche un’elevata capacità di analisi dei molti dati prodotti.

Composti volatili e marcatori molecolari

Nella composizione del profilo aromatico dei vini bianchi nella sua complessità, il contrinuto dei composti solforati aromatici è stato descritto da Fulvio Mattivi della Fondazione Edmund Mach, che ha evidenziato come questi composti, considerati tipici a livelli elevati di varietà come il Sauvignon blanc, siano in realtà più diffusi e  presenti in almeno uno dei campioni analizzati in ogni categoria.  In particolare la ricerca ha messo in evidenza un particolare e significativo livello di 4MSP in Müller Thurgau, mentre il 3SH risulterebbe presente e caratteristico dei vini di Lugana e Verdiccio, nei quali è stato possibile riscontrare la presenza di note tioliche vegetali, di bosso, fiori di sambuco o frutto della passione anche nel profilo sensoriale.

Praticamente ubiquitari sono invece i composti solforati a basso punto di ebollizione, come lo stesso idrogeno solforato ad esempio, ha aggiunto Ugliano, con tuttavia differenze significative quando si parla di DMS (dimetil solfuro), che caratterizza in particolare i vini a base di Greco di Tufo e, sebbene in misura minore, di Cortese.

Un particolare approfondimento su alcuni marcatori molecolari finora poco indagati è stato presentato da Silvia Carlin della Fondazione Mach che ha spiegato come il metil salicilato, presente nell’uva in forma di sei diversi glicosidi prodotti dalla pianta in reazione agli stress e alle malattie, possa idrolizzarsi nel corso della conservazione e influire specificamente sull’evoluzione aromatica di alcuni vini, come il Verdicchio, il Lugana e l’Erbaluce.

Tra i composti varietali terpenici Giovanni Luzzini dell’Università di Verona ha spiegato che, escluso Gewürtztraminer che in quanto varietà aromatica presenta livelli molto più elevati di terpeni totali rispetto alle altre, alcune differenze si sono riscontrate in Cortese, Falaghina, Müller e Vermentino, ma anche in Nosiola per il contenuto in beta citronellolo e in Fiano ed Erbaluce se si prendono in esame i terpeni ciclici e biciclici. Per i norisoprenoidi totali e in modo particolare per il contenuto in beta damascenone, Vermentino, Vernaccia, Nosiola, Müller, Arneis, Fiano e Ribolla Gialla si attestano al di sopra della media.

Da notare che spesso i valori relativi al contenuto in composti aromatici varietali dei diversi campioni di una stessa denominazione, si presentano molto dispersi e che anche questa variabilità interna permette di ragionare sulla maggiore o minore rispondenza a un modello dei vini di una stessa area.

Una simile dispersione, legata a fattori di natura tecnologica oltre che varietale come la scelta del ceppo di lievito, le tecniche di lavorazione prefermentativa delle uve ecc, si osserva poi anche nelle caratteristiche di colore – tendenzialmente più elevato nei vini di Albana e Gewürtztraminer – descritte da Susana Rio Segade dell’Università di Torino, nella capacità antiossidante strettamente correlata al contenuto in composti fenolici, più bassa in Cortese e Pinot grigio e nel contenuto in composti aromatici di origine fermentativa.

La composizione in macromolecole, proteine, polisaccaridi e polifenoli, che interagiscono con la stabilità e la percezione delle componenti volatili nel vino, è stata indagata dal gruppo di ricerca dell’Università di Padova e presentata da Matteo Marangon, che ha anche approfondito l’impatto della bentonite su profilo aromatico varietale dei diversi vini.

L’impatto del profilo aromatico sulla shelf life

Per analizzare gli aspetti legati alla longevità e  comprendere se ci sia una diversa attitudine nei vini bianchi italiani a manifestare, quando prima o quando dopo, la comparsa di caratteri di evoluzione ossidativa, piuttosto che la trasformazione o la scomparsa delle sostanze aromatiche presenti nei vini giovani, il gruppo di ricerca di Maurizio Ugliano ha analizzato l’evoluzione dei vini sottoposti a test di invecchiamento accelerato. Ne è emersa una diversa velocità di comparsa di molecole tipiche dell’evoluzione, come il TDN, che si evidenzia in Falanghina e in misura minore anche n Verdicchio, la comparsa in seguito all’idrolisi dei glucosidi dei caratteri tipici del metilsalicilato in Lugana, Verdicchio ed Erbaluce, la presenza significativamente più elevata di dimetil solfuro in Greco, Vermentino, Nosiola e Müller Thurgau, e come prevedibile la scomparsa dei caratteri legati agli alcoli terpenici in Gewürtztraminer e in Falanghina.

Una ruota sensoriale per descrivere e differenziare i vini bianchi

 I profili sensoriali dei vini delle denominazioni analizzate sono stati realizzati da Paola Piombino dell’Università Federico II di Napoli, attraverso un lungo e complesso lavoro di individuazione dei 29 descrittori olfattivi e dei sette descrittori gustativi e di analisi quantitativa descrittiva dei profili aromatici e gustativi dei 18 vini monovarietali. I dati analizzati statisticamente hanno permesso di definire tre cluster – al vertice di ognuno dei quali troviamo Müller Thurgau, Gewürtztraminer e Albana – in grado di comprendere lo spazio aromatico dei vini italiani e di descrivere al suo interno la loro diversità. Per ogni vino è stato poi possibile creare dei modelli, visualizzabili ognuno con una ruota sensoriale, comprendenti non solo i termini più adatti a descriverlo ma anche quelli per il quale quello stesso vino è diverso dagli altri.

Dati, analitici e sensoriali, che come spiega Maurizio Ugliano nella nostra intervista, forniscono informazioni utili e strumenti fino ad oggi non disponibili per i produttori, i consorzi e i professionisti, necessari per lavorare in modo sempre più preciso sull’espressione dei caratteri desiderati nei vini italiani.