Alessandra Biondi Bartolini
Se qualcosa non si può dire del Vinitaly appena concluso è che non si siano fatte (e soprattutto dette) cose e vista gente.
Dal 2 al 5 aprile a Verona abbiamo assistito a una passerella di politici e rappresentanti del Governo forse mai vista, con promesse e offerte di sostegno più o meno opportune al Made in Italy (o meglio al “Fatto in Italia”), all’identità e la promozione del vino italiano da parte del mondo dell’impresa, dell’arte, della forze armate, della salute, del turismo, delle infrastrutture, della scuola, della ricerca e (anche) dell’agricoltura. Tanto di tutto, forse troppo per essere del tutto credibile. Vedremo.
Ma al netto della kermesse istituzionale il 55simo Vinitaly è stata senza ogni dubbio un’edizione molto partecipata e ricca di eventi, incontri, presentazioni, celebrazioni e annunci, nella quale si sono poste alcune basi importanti per quello che sarà il futuro del vino italiano dei prossimi anni. Forse senza grandi slanci verso visioni di lungo periodo ma con alcuni spunti che nei prossimi mesi meriteranno di essere approfonditi, dal momento che i tempi e i ritmi di Vinitaly non permettono di soffermarsi ma solo di annunciare, promuovere, presentare le novità.
L’appuntamento è a Verona per la prossima edizione dal 14 al 17 aprile 2024.
Tutti i numeri del 55° Vinitaly

Oltre 4.000 le aziende espositrici (che con quelle presenti a Enolitech e Sol&Agrifood, diventano 4.400) da più di 30 nazioni, 100mila metri quadrati espositivi netti, con 17 padiglioni occupati. Sono i numeri della 55ªedizione della manifestazione che ribadisce il proprio ruolo di principale piattaforma B2B internazionale del prodotto vitivinicolo e che si chiude con con 93 mila presenze complessive, di cui 29.600 straniere. La crescita rispetto all’ultima edizione è stata quasi totalmente determinata dagli ingressi di buyer esteri (+20% circa) provenienti da 143 Paesi, che in questa edizione hanno rappresentato un terzo del totale degli operatori accreditati. Di questi, oltre mille top buyer selezionati e ospitati da Veronafiere e da Ice-Agenzia. Vinitaly and the City, il “fuorisalone” veronese da quest’anno ritornato totalmente nella sfera organizzativa della fiera di Verona, ha inoltre registrato oltre 45 mila degustazioni (+50% sul 2022) da parte dei winelover nel centro storico di Verona.
I dati delle ricerche e degli Osservatori sullo stato di salute del settore
Nel corso di Vinitaly sono poi stati presentati i dati di mercato del vino Italiano, ricavati da indagini e osservatori come l’Osservatorio Uiv-Vinitaly e Prometeia secondo il quale il vino italiano rappresenta il campione dell’export made in Italy, delle 4A (Abbigliamento, Alimentare, Arredamento, Automazione), con una bilancia commerciale in attivo di 7,4 miliardi di euro. L’industria vitivinicola nazionale vale 31,3 miliardi di euro, impegna 530mila aziende con circa 870mila addetti
Chiude in crescita nel 2022 e sfiora quota 1 miliardo di bottiglie (978 milioni) la produzione di spumanti italiani nel 2022. I dati di imbottigliamento raccolti presso gli Organismi di certificazione ed elaborati dallo stesso Osservatorio UIV Vinitaly presentano un leggero aumento (+4%) rispetto a uno strabordante 2021 (+25%), con i comuni e varietali (+10%) che fanno meglio degli sparkling Doc-Igp (+3%, 807 milioni di bottiglie). A livello territoriale, l’85% dello spumante italiano Dop-Igp ha origini venete (683 milioni di bottiglie), poi Piemonte (9% e 72 milioni), Lombardia (3% e 24 milioni), Trentino (2% e 16 milioni) ed Emilia-Romagna (1% e 7,4 milioni).

A soffrire di più sembrano essere i vini rossi anche se per questi prodotti stiamo assistendo a un progressivo processo di premiumizzazione con un’accelerazione verso il tanto auspicato posizionamento in fascia alta delle denominazioni italiane rossiste più virtuose. Se è vero infatti che in Italia la tipologia dei vini rossi ha fatto peggio di tutte (-4,3% le quantità esportate) – con cali evidenti in particolare nei principali Paesi della domanda, a cominciare dai top 3 (Germania a -5%, Usa -6% e UK -8%) – la scomposizione dei dati di vendita per segmento di prezzo riserva sorprese rilevanti. L’analisi qualitativa sulle esportazioni dei rossi italiani che emerge a Vinitaly vede infatti le categorie premium (da 6 a 9 euro/litro in cantina) e superpremium (oltre i 9 euro) conquistare quote di mercato molto importanti negli ultimi 12 anni. Per esempio, stante il calo generale dei volumi di rosso esportati, nel 2010 i prodotti sotto i 6 euro rappresentavano a valore i due terzi del mercato; oggi l’inversione di tendenza, con gli over 6 euro al 60% delle vendite. In poco più di 10 anni la crescita del segmento di fascia alta – che vale ora 1,9 miliardi di euro di export – è stata del 200%.
Una riflessione sulla necessità di una sempre maggiore collaborazione lungo tutta la filiera è stata fatta nella tavola rotonda sui dati emersi dall’indagine Circana per Vinitaly che ha presentano i dati relativi all’andamento dei prezzi e delle vendite nella Grande Distribuzione.
L’indagine Nomisma Wine Monitor presentata da Città del Vino, Donne del Vino, La Puglia in Più e il Movimento per celebrare i 30 del Movimento del Turismo del Vino, conferma anche il valore e le potenzialità di crescita del settore enoturistico. L’indagine evidenzia anche due elementi critici purtroppo già noti: il 44% delle cantine sono lontane dai circuiti turistici o enoturistici, problema particolarmente evidente in Friuli Venezia Giulia, Umbria e Campania. Inoltre, la metà delle cantine chiude al pubblico nel fine settimana e nei giorni festivi. Chiusura che riguarda anche molti uffici turistici, costituendo un serio problema rispetto ai flussi dei visitatori che sono invece concentrati nei giorni di festa. E si potrebbe aggiungere che questo avviene spesso anche con molti Musei o siti archeologici.
Il valore della terra
Dati interessanti anche sulle transizioni delle superfici agricole e i valori fondiari: il vigneto Italia vale 56,5 miliardi di euro, per un corrispettivo a ettaro di 84 mila euro, quattro volte più della media delle altre superfici agricole. Lo rileva l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly con una ricognizione sui valori dei 674 mila ettari del vigneto nazionale che generano un’economia da oltre 30 miliardi di euro l’anno e rappresentano al contempo uno degli investimenti più redditizi in assoluto sul piano fondiario.
Con il mercato che risponde con un boom di transazioni, dettate in particolare da fondi e family office interessate soprattutto alle regioni a maggior vocazione enologica e di conseguenza a maggior tasso valoriale, come Alto Adige, Trentino, Veneto, Toscana e Piemonte. Le quotazioni massime più alte dei filari italiani – a volte sopra il milione di euro per ettaro – si riscontrano in provincia di Bolzano, nella zona di Barolo e Barbaresco, sulle colline di Conegliano e Valdobbiadene e a Montalcino. Si va dai 300-500.000 euro a ettaro per la zona di produzione del Trento Doc, la Valpolicella, Bolgheri e la Franciacorta. Stime di poco inferiori per le aree del Prosecco Doc, del Lugana, del Chianti Classico e Montepulciano. Negli ultimi 15 anni, secondo le rilevazioni elaborate dal Crea, la grande maggioranza delle denominazioni ha incrementato le proprie punte di valore: si va da Montalcino (+63%) a Valdobbiadene (+16%), da areali nel bolzanino come Caldaro (+75%) o Canelli nell’astigiano (+58%) fino al Collio (+50%), all’Etna (+57%), ai filari montani della Valle d’Aosta (+114%).
L’alto valore medio a ettaro (dato dalla presenza di ampi territori vocati a produzioni di successo, come Prosecco, Valpolicella, Lugana, Pinot grigio, Valdadige) associato all’estensione del vigneto (100.000 ettari circa) pone il Veneto in testa alla classifica generale dei valori fondiari.