Novembre 2023

La biodiversità viticola della Sicilia nel progetto BI.VI.SI.

Conservazione e valorizzazione sono le due parole chiave del percorso di valorizzazione della biodiversità viticola siciliana cominciato più di 20 anni fa e oggi ripreso nel progetto BI.VI.SI.

La biodiversità viticola della Sicilia nel progetto BI.VI.SI.

di Alessandra Biondi Bartolini

Crocevia di commerci, civiltà e culture del Mediterraneo, la Sicilia vanta una storia viticola antichissima. Tre millenni nei quali le varietà della vite si sono diversificate e adattate ad ambienti estremamente diversi, che fanno parlare dell’isola come di un “continente viticolo”. Lo testimoniano non solo i lavori recenti di recupero del germoplasma dei quale parleremo, ma anche l’attività di collezione e ricerca degli intellettuali e gli studiosi del 1800, come il Barone Mendola che raccolse nella sua collezione ampelografica migliaia di varietà provenienti da tutto il mondo, o come Federico Paulsen, grazie al quale tra il 1800 e il 1900 la viticoltura europea si ricostituì sulle “solide radici” dei portinnesti ibridi delle specie americane da lui studiate a Palermo, salvandosi dalla fillossera.

Una grandissima variabilità che ha continuato a conservarsi nei vigneti anche grazie alla pratica dell’innesto in campo con materiale, gemme e marze, da selezione massale, diffusa nella regione per migliorare l’adattamento dell’apparato radicale agli stress idrici in un ambiente da sempre molto siccitoso, ma che oggi, con la necessità di disporre di materiale vegetale sano e certificato, rischia di mettere in difficoltà tutta la filiera, dai vivaisti ai viticoltori. Da qui la necessità e l’urgenza da un lato di recuperare, conservare e valutare i migliori biotipi di tutte le varietà locali, e dall’altro di omologare e produrre in vivaio nuovi cloni delle varietà autoctone che rispondano alle esigenze produttive, ambientali ed enologiche delle diverse zone della Sicilia.

Conservazione e valorizzazione sono le due parole chiave di un percorso cominciato all’inizio degli anni 2000 e che, con alcuni periodi di interruzione non proficui per il sistema di produzione e ricerca, riprende oggi con il progetto BI.Vi.SI. (Valorizzazione della Biodiversità Viticola Siciliana), un esempio virtuoso di collaborazione pubblico-privato che, assicurano i protagonisti, promotori e partner del Gruppo Operativo che ha dato vita al progetto, è destinato a svilupparsi anche oltre i termini temporali del finanziamento regionale con il quale è nato, con una continuità che nel passato è in parte mancata.

Vent’anni di recupero e conservazione del germoplasma della Sicilia

La storia del recupero del germoplasma della piattaforma ampelografica siciliana comincia nei primi anni del nuovo millennio quando, dopo un periodo nel quale la Sicilia ha affermato la sua capacità di fare qualità puntando prevalentemente sulle varietà internazionali, sono soprattutto le istituzioni, la Regione Sicilia e il mondo della ricerca, che uniscono le forze in un attento lavoro di raccolta e nella costituzione del primo campo collezione, in Contrada Biesina nel comune di Marsala.

Nel campo di Biesina le Università di Palermo e di Milano raccolgono varietà e biotipi provenienti da tutte le zone della Sicilia, anche quelle più interne e marginali, dove la presenza di forme di agricoltura residuale molto legata alle tradizioni ha consentito la conservazione e la propagazione anche delle varietà locali di minore interesse commerciale. I primi studi sono di riconoscimento, identificazione, analisi  e valutazione delle caratteristiche ampelografiche, fitosanitarie, agronomiche ed enologiche delle piante presenti.

Il vigneto collezione di Donna Fugata di Contrada a Contessa Entellina nel Belice
ph. Giuseppe Caruso

Nel 2009 i biotipi più interessanti delle varietà siciliane di maggiore interesse, e alcune varietà reliquia delle quali restavano solo pochi individui, lasciano il campo di Biesina per essere raccolte in quattro campi collezione sperimentali, collocati in areali diversi per clima, terreno e altitudine e ospitati in alcune delle più prestigiose aziende vitivinicole dell’isola.

Sui suoli argilloso calcarei e i 500 m slm della Contea di Sclafani Bagni nella Tenuta di Regaleali di Tasca d’Almerita e su quelli più argillosi del Belice della Tenuta di Contessa Entellina di Donnafugata, sulle sabbie rosse di origine miocenica dell’azienda Santa Tresa a Vittoria in provincia di Ragusa e sul terreno complesso, misto di calcareniti e ceneri vulcaniche di Capo Milazzo nell’azienda La Baronia di Planeta, si studiano le interazioni tra il genotipo e l’ambiente delle varietà siciliane.

ph. Giuseppe Caruso

Nuovi obiettivi viticoli ed enologici in un ambiente che sta cambiando

Nel 2022 il lavoro riparte da dove si era interrotto, con nuovi obiettivi e con il coinvolgimento di tutti i protagonisti della filiera vitivinicola che si uniscono nel Gruppo Operativo Bi.VI.SI. finanziato nell’ambito della sottomisura 16.1 del PSR 2014-2020 della Regione Sicilia, del quale è capofila il Consorzio di Tutela dei vini DOC Sicilia, e che vede il coinvolgimento delle Università di Palermo e di Milano come partner scientifici e di cinque realtà produttive, le quattro aziende vitivinicole di Donnafugata, Tasca d’Almerita, Santa Tresa e Planeta e i vivai Giacomo Mannone di Marsala. Oggetto dello studio sono i più importanti vitigni siciliani Grillo, Catarratto, Nero d’Avola, Perricone, Nocera e Grecanico, oltre ai cosiddetti vitigni “reliquia”, varietà antiche e ancora marginali, talvolta a rischio di estinzione, alcune iscritte al Registro Nazionale delle Varietà come Inzolia nera, Lucignola, Vitrarolo e Orisi e altre ancora da iscrivere.

Presso i vivai Giacomo Mannone si stanno sperimentando le combinazioni di innesto e alcune tecniche di produzione innovative del materiale vegetale come i barbatelloni 

 

 

Agli obiettivi di conservazione e di ricostituzione di due nuovi campi collezione che sostituisca quello di Biesina, ormai vecchio e con un elevato rischio di diffusione delle virosi, si aggiungono oggi lo studio delle tecniche di moltiplicazione e i protocolli vivaistici più adatti alle diverse possibili combinazioni di innesto, le valutazioni agronomiche sulla capacità di adattamento agli stress idrici e termici ai quali i vigneti sono sempre più sottoposti e lo studio delle caratteristiche e potenzialità enologiche.

Rosario Di Lorenzo – SAAF Università di Palermo

“I vitigni autoctoni rappresentano un’opportunità per qualificare il comparto vinicolo e la Sicilia ha tutti i numeri per raggiungere questo risultato, avendo un germoplasma ricco e unico” ha spiegato Rosario Di Lorenzo dell’Università di Palermo, coordinatore scientifico di BI.VI.SI. “Lo sforzo è di acquisire ulteriori informazioni sul comportamento agronomico ed enologico di queste varietà e trasferirle al mondo operativo. Si è realizzata una sinergia all’interno della filiera e con le Università e sarà fondamentale anche per il futuro per affrontare anche problematiche diverse che si manifesteranno in futuro. Le varietà che un tempo sono state abbandonate non erano forse adatte alle condizioni o agli obiettivi enologici di allora che, ricordiamolo, spesso si limitavano alla produttività e alla resa in alcol, ma con la crisi climatica e i molti cambiamenti che sono avvenuti, si stanno riscoprendo un nuovo interesse e una nuova consapevolezza sull’importanza della biodiversità”.

“Altro obiettivo importante raggiunto dal progetto è stato il recupero e la ripartenza del Centro Ernesto Del Giudice, una struttura di ricerca e sperimentazione realizzato nella zona di Marsala in occasione del primo progetto e poi abbandonato e che oggi, grazie all’impegno del Consorzio, e all’interessamento della Regione e dell’Università è rinato con nuove attrezzature, attività di ricerca e personale specializzato” ha aggiunto Di Lorenzo. Nel nuovo laboratorio si sono già realizzate nella vendemmia 2023 le analisi per la caratterizzazione chimica delle uve e  le microvinificazioni delle varietà provenienti dai campi sperimentali e, grazie all’impegno del Consorzio e delle istituzioni regionali e universitarie, la struttura con il suo valore di strumentazioni e di persone, potrà continuare a svolgere la sua funzione di ricerca e fornire servizi ai produttori anche dopo il termine del progetto che è previsto per il giugno 2025.

L’avanzata del Nero d’Avola e i primi vini delle uve reliquia

Gran parte dello sforzo di valutazione agronomica ed enologica nei primi anni si è concentrato sulle varietà allora emergenti, Grillo e Nero d’Avola soprattutto, delle quali sono nati nuovi cloni costituiti dalla Regione Sicilia.

Antonio Rallo – Presidente del Consorzio DOC Sicilia

“Abbiamo visto negli ultimi anni il ritorno del Grillo e poi del Nero d’Avola, ogni anno vengono piantati dai 150 ai 160 ettari delle due varietà ed era necessario anzitutto fornire ai produttori materiale sano e di qualità. Già nel 2009 sul Nero d’Avola abbiamo fatto un focus raccogliendo materiale da  tutta l’isola e conservando cloni registrati, biotipi e cloni potenziali che oggi stiamo continuando a studiare e caratterizzare” spiega il presidente del Consorzio Antonio Rallo.

Ma anche per le varietà minori e per le cosiddette “reliquie” ci sono state nuove occasioni di valorizzazione.

Nei campi collezione dal 2009 le aziende hanno sempre  continuato a fare osservazioni e valutazioni sulle varietà presenti, e spesso hanno deciso di inserirle nei nuovi impianti e utilizzarle nei loro vini. Per insistere sulla metafora, è nelle aziende e grazie al lavoro degli agronomi e degli enologi che le hanno osservate nel corso di questi anni, che le reliquie hanno lasciato le teche di vetro e gli scrigni dove venivano conservate – i campi collezione – e sono tornate a produrre per essere apprezzate. Sono nati così nuovi vini che serviranno da apripista per capire come il mercato potrà accogliere queste varietà uniche, talvolta insolite, ma proprio per questo in grado di attrarre la curiosità e l’attenzione. Esperimenti che per il momento sembrano ben riusciti e che hanno permesso di far conoscere al pubblico l’eleganza e la versatilità del Frappato o il carattere fruttato del Nocera, ma anche la struttura del Vitrarolo, gli aromi sorprendenti della Lucignola, il colore della Catanese nera.

Come è avvenuto per Donnafugata che ha adottato il Nocera, inserendolo nel blend del Rosa realizzato in collaborazione con Dolce e Gabbana, o per il Vitrarolo, del quale Tasca d’Almerita ha realizzato nuovi impianti che presto diventeranno una nuova etichetta, e per l’Orisi, scelto da Santa Tresa a Vittoria, il cui lavoro si è concentrato anche sulle interpretazioni  enologiche del Frappato, e infine per la collezione  Reliquie nella quale Lucignola, Catanese Nera e Vitrarolo sono vinificati in purezza da Planeta e prodotti in edizione limitata a Capo Milazzo.

 

I video del progetto e dei suoi protagonisti: