Molti media italiani hanno rilanciato la notizia del riconoscimento, in Francia, del logo “vin mèthode nature”, promosso dal Syndicat de défense des vins Nature’l (l’apostrofo prima della l non è casuale, ma è un escamotage per non incorrere in una definizione illegale). Si tratta di un’associazione di produttori di cui fanno parte anche alcune cantine italiane e spagnole e di altri paesi. Un’associazione giovanissima visto che è nata ufficialmente nel settembre del 2019 e conta attualmente meno di duecento associati. Ed è nata con l’intento di dare una veste giuridica a questi vini “sans papier” (termine spesso usato per gli immigrati clandestini) come li ha definiti il presidente Jacques Carroget. Infatti il presidente dichiarava al momento della fondazione: “In Francia, in Europa e nel mondo, questo vino originale e originale non esiste – non ha un riconoscimento ufficiale. È persino vietato, a pena di essere perseguito, menzionarlo a fini commerciali. Il nostro vino “sans papier” ha quindi bisogno di un impegno chiaro e avvertibile da parte di vari attori – produttori di vino, consumatori, professionisti, appassionati di vino … Un movimento con contorni chiari che ci permette di affermare oggi che esiste un vino “naturale”. Incarna una tendenza forte e duratura nel vino del mondo attuale.” Questo Sindacato, lasciando da parte certe logiche anarco-individualiste care a gran parte di questo mondo dei vini naturali, si è impegnato invece molto nell’interlocuzione con gli organismi ufficiali: il Ministero dell’Agricoltura, l’INAO (istituto delle denominazioni di origine), il Servizio per la Repressione Frodi e la Concorrenza (DGCCRF, corrispettivo più o meno del nostro ICQRF) per ottenere un “papier” per i vini cosiddetti naturali.
Ciò che i vignaioli del sindacato hanno ottenuto ad oggi non è un marchio ufficiale garantito dallo stato, come la AOC oppure il marchio e il logo del biologico, ma un nulla osta per poter usare un marchio associativo privato, che fa riferimento alla modalità di produzione, senza incorrere in illeciti riguardanti l’etichettatura: fermo restando che il termine “vin naturel” in etichetta resta vietato, il compromesso raggiunto con il servizio Repressione Frodi è sulla definizione “méthode nature” a cui è associato un logo grafico. L’obiettivo dichiarato da Carroget è che questo marchio privato diventi ufficiale nell’arco di cinque anni.
Il protocollo viticolo ed enologico
1. Il 100% delle uve (di tutte le origini: DOP, Vin de France, ecc.) deve provenire da agricoltura biologica certificata o almeno in conversione al biologico al secondo anno.
2. La raccolta è manuale.
3. I vini sono vinificati solo con lieviti indigeni.
4. Nessun input aggiunto.
5. Non è autorizzata alcuna modifica ai costituenti dell’uva (correzione di acidità etc.).
6. Non è consentito il ricorso a tecniche fisiche “brutali e traumatiche” (osmosi inversa, filtrazioni, filtrazione tangenziale, pastorizzazione flash, termovinificazione …).
7. Nessun solfito viene aggiunto prima e durante la fermentazione. Possibilità di aggiunta di solfiti prima della commercializzazione fino a un massimo di 30 mg /l di solforosa totale, qualunque sia il tipo e il colore del vino. (a questo proposito sono previste due tipologie di etichettatura: senza solfiti aggiunti, con meno di 10 mg, e solfiti aggiunti max 30 mg/l).
8. In una “fiera del vino con metodo naturale”, sia i viticoltori che gli organizzatori si impegnano a presentare la carta dei principi a fianco delle bottiglie; i commercianti indipendenti di vino sono incoraggiati a fare lo stesso, per quanto possibile, all’interno del loro stabilimento.
9. Uso di un logo identificativo.
10. L’impegno sarà assunto con una “dichiarazione d’onore”, a seguito del parere dell’ufficio dell’associazione; sarà richiesto ogni anno per ogni partita (lotto chiaramente identificato).
11. Le partite che non sono “méthode naturel” devono essere chiaramente identificabili (etichettatura differenziata) .
12. I firmatari si impegneranno a proprio nome e tutte le informazioni richieste saranno messe online.
In verità rimangono alcune questioni aperte, prima fra tutte la sostanziale impossibilità di controllare attraverso analisi sul prodotto il rispetto del protocollo di lavoro in molti dei suoi punti. Si è provato a superare questo scoglio oggettivo con questa “dichiarazione d’onore”, una sorta di autocertificazione. Un impegno ufficiale al momento della dichiarazione di raccolta della vendemmia (prima del dieci dicembre), a cui si affianca un’analisi dei solfiti in bottiglia e controlli annuali campione da parte di un ente certificatore relativi a tracciabilità e analisi della partita. “Il nostro approccio è quello di definire un vino naturale senza limitare troppo la libertà dei viticoltori“, ha affermato l’enologo Gilles Azzoni, segretario aggiunto del sindacato. Azzoni riconosce che “in pratica, sarà impossibile per noi controllare che non vi sia stata aggiunta di solfiti in vinificazione o che non siano stati aggiunti lieviti. Ma l’impegno per onorare è un’enorme responsabilità, il che ha senso. A ciascuno la sua coscienza“.
Come avevamo già segnalato su Millevigne, anche in Italia esiste un’associazione che gestisce l’utilizzo di un logo da parte degli associati sulla base di una carta dei principi e con un sistema di controllo e certificazione, è Vinnatur. Forse con meno ambizione di diventare l’avanguardia di un riconoscimento ufficiale, ma comunque arrivata prima, nata molto prima e con più associati del Sindacato francese. Ma ha fatto meno notizia. Nessuno è profeta in patria.
Maurizio Gily