di Maurizio Gily
21 Settembre 2020
E’ un settembre siciliano pieno di luce e calore quello che ha dato l’ultimo saluto a Diego Planeta, “il Cavaliere”, l’imprenditore che più di ogni altro (e se qualcuno me ne vorrà, me ne farò una ragione) ha lasciato la sua firma sulla svolta del vino siciliano a cavallo del millennio. E’ una perdita pesante per la Sicilia e per l’Italia, come tutti i commentatori hanno sottolineato, ricordandone il prestigioso curriculum di imprenditore e manager.
Non c’è motivo di dubitare della sincerità del profondo cordoglio che oggi, giorno dei suoi funerali, l’isola intera (insieme a tutta l’Italia del vino, e non solo l’Italia) manifesta verso questo suo figlio illustre. Tuttavia mi pare anche giusto ricordare le battaglie che Diego Planeta ha combattuto in vita, da imprenditore, da presidente di cooperativa, da presidente dell’Istituto Vite e Vino, contro un certo establishment e una certa accademia, che non gradivano troppo certe critiche e certe scelte di rottura: come quella di portare a lavorare in Sicilia grandi personaggi della scienza e della cultura a livello nazionale e internazionale, come Giacomo Tachis, Carlo Corino, Giampaolo Fabris e Attilio Scienza, in un grande sforzo di sprovincializzare e modernizzare il settore.
Ottenere ragione a posteriori è quello che accade a tutti gli innovatori, a quelli che vedono più lontano degli altri.
La sua lunga presidenza della Cantina Sette Soli, che ha veramente lanciato la viticoltura di tutta l’area di Menfi e dintorni, mi ha fatto sempre pensare all’unicità di un grande proprietario terriero che sceglie di spingere in avanti il territorio, il benessere e l’orgoglio dei viticoltori, dei piccoli proprietari, pur potendo vantare un prestigioso marchio privato. Generosità, senso della socialità, ma anche lungimiranza imprenditoriale: perché l’immagine di ogni cantina cresce quando cresce tutto il suo territorio. Una visione che molti condividono a parole: ma di quei molti sono molto pochi quelli che, alle parole, fanno seguire i fatti.
Una persona amica che lo conosceva bene mi ha detto una volta che Diego Planeta, un uomo severo con se stesso e con gli altri, lavoratore instancabile, amava i fiori. E lo si capisce infatti visitando le tenute della famiglia. I fiori, e la bellezza in generale. Quella bellezza che, dice qualcuno, è il petrolio dell’Italia, e della Sicilia in particolare, ma noi spesso non ce ne accorgiamo, e la nascondiamo, o la deturpiamo. Una cosa che faceva infuriare il Cavaliere.
Raccomando la visione di questo breve video. Una testimonianza che resta impressa.