Le varietà “del deserto” nel sito archeologico della città israeliana di Avdat

Le varietà autoctone Sariki e Beer, sono state recuperate nel corso di un progetto di ricerca che ha analizzato il  DNA  dei semi trovati negli scavi archeologici di Avdat, condotta dal Guy Bar-Oz dell’Università di Haifa, in collaborazione con il Meriv Meiri dell’Università di Tel Aviv e i ricercatori dell’Autorità israeliana per le antichità.

Il Parco Nazionale di Avdat sulla Strada del Vino del Negev, è un sito del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO grazie al suo ruolo nella Via dell’Incenso Nabatea, ma anche dal punto di vista viticolo Advat ha avuto un ruolo centrale nella storia della vite e del vino.

Una storia cominciata 1500 anni fa

La città di Avdat era un importante centro di produzione ed esportazione di vino nel mondo antico: dal quarto al settimo secolo dopo Cristo, nel periodo in cui il cristianesimo era diventato la religione ufficiale dell’impero, la regione era nota per la produzione di vino di qualità per tutto l’Impero Bizantino. Il vino del Negev veniva esportato in tutta Europa anche oltre i confini del Mediterraneo e fino all’odierna Inghilterra.
Il vigneto storico appena inaugurato, sorge infatti in prossimità di altri importanti reperti che testimoniano la produzione di vino in quest’area, come i cinque torchi scoperti nello stesso sito.

Il vigneto storico è stato realizzato secondo una struttura tradizionale che era comune tra gli agricoltori di Israele durante i periodi della Mishna e del Talmud (1°-7° secolo d.C.).

Un cerchio che si chiude tra passato, presente e futuro

Le azioni di sviluppo dedicate a questa regione prevedono piani per l’impianto delle varietà storiche Sariki e Beer, accanto alle centinaia di ettari di varietà internazionali già coltivate come Chardonnay, Chenin Blanc, Sauvignon Blanc, Malbec, Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot.

Per la viticoltura del Negev il ritrovamento delle due varietà autoctone e la nascita del vigneto storico rappresentano l’anello che collega il passato e la storia del vino israeliano con la viticoltura moderna e l’approccio di innovazione e sostenibilità che produttori e ricercatori hanno saputo dare negli anni più recenti a questa realtà.

Un approccio che ha portato a studiare e sviluppare soluzioni complesse per consentire alla vite di produrre nelle condizioni più estreme di disponibilità idrica e temperature elevate, e che ha rappresentato una vera e propria palestra per la viticoltura mediterranea sottoposta alle sfide della crisi climatica.

Di alcune di queste soluzioni ne abbiamo parlato nell’intervista ad Aaron Fait, della Ben Gurion University anche sull’ultimo numero di Millevigne.