di Maurizio Gily
foto in apertura di Andrea Pesce
Nizza Monferrato con il suo circondario sono considerati da tempo immemore una specie di “sancta sanctorum” del vitigno Barbera. Una vocazione territoriale fatta di clima, terreni e saperi che non si discute. Ma conta anche la storia, quella di marchi importanti, in epoche in cui il “vignaiolo indipendente” che coltiva, vinifica, imbottiglia e commercializza era una rarità e anche la cooperazione muoveva i suoi primi passi. Parliamo allora di cantine come Scarpa, Bersano, Guasti… nomi da ascrivere a quella categoria che in Francia si definisce dei “négociant éleveur” e che in Italia non gode forse della stessa considerazione che in Borgogna, ma che ha giocato un ruolo fondamentale nella valorizzazione di alcuni comprensori viticoli. La nascita di questi complessi enologici, che oggi offrono notevoli esempi di archeologia industriale, fu favorita, come in altri contesti, dalla presenza della ferrovia. Oggi tutto è cambiato, quella imprese sono passate di mano e sempre più vinificano uve da vigneti di proprietà, la cooperazione è cresciuta e in questo comprensorio sta lavorando veramente bene (non succede dappertutto) come ha dimostrato nella degustazione che l’Associazione Produttori del Nizza, presieduta oggi da Stefano Chiarlo, ha organizzato lo scorso 11 maggio presso la Tenuta La Romana nell’ambito del “Forum Nizza”. Ma soprattutto quello che ha cambiato il panorama è stato il fiorire di piccole e medie imprese e delle loro etichette private, dietro alle quali c’è passione, ambizione e investimenti. Sono una settantina oggi i produttori iscritti all’Associazione Produttori del Nizza, che è stata dal principio l’anima di questa denominazione, ormai staccata dalla “pianta madre” del Barbera d’Asti e dal nome di vitigno, per diventare denominazione autonoma con un riferimento unicamente geografico. Un percorso immaginato da tempo, con lungimiranza, che ha avuto molti padri tra cui sono stati ricordati in particolare, nella conferenza dell’11 maggio, lo storico fiduciario Slow Food di Nizza Tullio Mussa, prematuramente scomparso, e l’enologo Giuliano Noè. Lo scrittore e “cartografo del vino” Alessandro Masnaghetti e l’enologo Claudio Dacasto hanno raccontato ai numerosi giornalisti e comunicatori presenti le peculiarità di questa produzione. Le bottiglie prodotte nell’ultima annata ora in commercio, il 2019, sono circa 700.000: un numero molto inferiore al potenziale del territorio, che produce un numero ben maggiore di bottiglie di Barbera d’Asti e Piemonte Barbera riservando al Nizza solo le partite più pregiate o comunque destinate al segmento più alto del mercato. E’ stata una decisione collettiva e condivisa: crescere poco per volta ma tenere alto il valore, qualitativo ed economico. E’ una strategia comune per una singola impresa, ma molto difficile da attuare quando gli attori sono molti: quasi sempre c’è chi “scappa” e non si può obbligare nessuno per legge a un prezzo minimo, quando ci sono buyer e importatori che storcono il naso e spingono per comprare a prezzi più bassi, con la motivazione che questo vino non è ancora così famoso (ma come si sa è anche difficile che lo diventi, quando qualcuno “sbraca” sul prezzo o sulla qualità). La compattezza che i produttori del Nizza stanno dimostrando emerge da questa strategia come da molti altri aspetti relativi alla gestione della denominazione. Masnaghetti ha ricordato, nel suo intervento al Forum, la scelta iniziale di sottoporre i vini prima dell’imbottigliamento a una sorta di giudizio collettivo in cui i produttori assaggiano i vini di tutti in modo anonimo, li commentano e si scambiano giudizi e pareri. Un caso praticamente unico.
La vivacità della squadra del Nizza si evidenzia anche in numerosi eventi che l’associazione propone ai consumatori, ai giornalisti e agli operatori, in Italia e all’estero, per far conoscere questo vino con modalità spesso originali, come un tour organizzato in e-bike tra le colline per far vedere da vicino e in modalità “sostenibile” i vigneti da cui nasce il Nizza, con diverse tappe di sosta in cui un narratore o una narratrice racconta il territorio, tra storia e leggenda .