l monitoraggio del clima del vigneto è uno strumento ormai fondamentale per impostare i programmi di difesa in una logica di sostenibilità.
L’annata 2019, con le sue anomalie, è stato un banco di prova particolarmente impegnativo per i modelli biologici che, associando determinati algoritmi al monitoraggio del clima (e alle previsioni del tempo, localizzate sul punto della stazione), sono in grado di segnalare i rischi di infezione fungine e il loro grado di pericolosità, e di prevedere con una buona approssimazione lo svolgersi dei cicli di alcuni insetti.
La mia personale esperienza nell’uso dei modelli è stata quest’anno particolarmente positiva, sia pure con differenze tra diversi modelli, nelle regioni in cui opero come consulente viticolo, che sono il Piemonte, l’Abruzzo e la Sicilia.
In particolare è stato importante il supporto dei software nel ridimensionare il rischio peronospora nella prima fase della stagione, malgrado le piogge abbondanti, grazie al ruolo delle basse temperature minime notturne che hanno frenato sia le infezioni primarie che la sporulazione delle macchie già presenti. Altrettanto importante è stato il forte e prolungato allarme sul rischio oidio, che ad oggi non è ancora del tutto rientrato.
Occorre sempre tenere presente che i rilievi climatici, le previsioni meteo e i modelli associati sono uno strumento di supporto alle decisioni, non sostituiscono l’osservazione e l’esperienza del tecnico e del viticoltore, che restano fondamentali: ma spesso “tranquillizzano” quando si decide di non trattare, o, al contrario, allarmano quando invece si è troppo tranquilli!
In conclusione consentono sicuramente di migliorare la difesa e la sua sostenibilità, in molti casi risparmiando trattamenti non necessari, in altri casi ottimizzando il momento dell’intervento e quindi la sua efficacia, il che consente spesso, di nuovo, di limitare trattamenti successivi grazie al contenimento dell’inoculo del parassita. Importante è la qualità dei dati meteo, quindi dei sensori, la robustezza e affidabilità delle stazione meteo e del sistema di trasmissione dati, le funzioni e la facilità di utilizzo dei software relativi con i quali dal proprio computer si effettua il monitoraggio. Resta il fatto che il dato meteo da solo è inutile, se non viene interpretato ai fini della difesa. E questo è il compito, appunto, dei modelli epidemiologici da una parte, e delle conoscenze e dell’esperienza del tecnico e del viticoltore, dall’altra.
Un limite è costituito dal fatto che alcuni dati, come temperatura e durata della bagnatura fogliare, sono molto “puntuali”, per cui, ad esempio, una stazione posta in cima alla collina rileva dati diversi da quelli che si verifica nel fondovalle. Anche questa è un’osservazione che quest’anno è stata particolarmente importante, evidenziando la presenza o l’assenza di infezioni peronosporiche tra zone anche vicine, poi puntualmente verificatesi sul campo, e che ha consentito di diversificare i trattamenti all’interno del’azienda.
Per ovviare a questo limite, senza dover installare un numero troppo elevato di stazioni con elevati investimenti, alcuni costruttori propongono oggi, grazie al miglioramento delle tecnologie di trasmissione dati, di posizionare gruppi di sensori in diverse posizioni del vigneto aziendale (o interaziendale, consortile, cooperativo) che comunicano a distanza con una unità centrale.