Gennaio 2023

Quale futuro per il lavoro in vigna?

A Torino nell’ambito di Grandi Langhe un convegno organizzato dal Consorzio di Tutela Barolo, Barbaresco, Alba Langhe e Dogliani ha messo in luce diverse criticità, dalle difficoltà burocratiche alla carenza di infrastrutture e allo sfruttamento della manodopera.

Quale futuro per il lavoro in vigna?

di Maurizio Gily

nella foto in apertura, da sinistra: Valentina Furlanetto, Davide Donatiello e Jean Renè Bilongo. 

Valentina Furlanetto, voce di radio 24, eccellente giornalista di inchiesta, ha introdotto e moderato l’incontro “CHANGES. GESTIONE DELLA MANODOPERA IN VIGNA: FENOMENO, PROBLEMATICHE E POSSIBILI SOLUZIONI” dello scorso 30 gennaio a Torino voluto dal Consorzio di Tutela.

Il primo intervento è stato di Jean Renè Bilongo, Presidente “Osservatorio Placido Rizzotto” e Capo Dipartimento Politiche Migratorie FLAI CGIL, che ha presentato alcuni dati dal rapporto annuale “Agromafie e caporalato”. Da questo risulta una stima di circa 230.000 impiegati irregolari nel lavoro agricolo in Italia, pari a circa un quarto del totale, di cui 55.000 donne. Buona parte di questi lavoratori operano attraverso cooperative di lavoro o altre forme societarie più o meno fittizie, dove la pratica dello sfruttamento del lavoro non è attuata direttamente dalle imprese agricole, ma da chi gestisce l’intermediazione. La legge 199 del 2016 sul caporalato è una buona legge, quasi unica in Europa, ma scarsamente attuata nella parte relativa alla prevenzione del fenomeno. Solo il 4% delle imprese agricole aderisce alla Rete del Lavoro Agricolo di Qualità previsto dalla legge e spesso sulla base di sollecitazioni dei buyer della grande distribuzione. Spesso per le aziende accettare soluzioni più o meno irregolari non dipende dalla loro volontà ma dalla difficoltà di assumere personale in regola, anche per numerosi ostacoli di tipo burocratico, tra cui il fatto che il decreto flussi per consentire l’ingresso in Italia di lavoratori stagionali viene sempre pubblicato in ritardo e con numeri insufficienti.  La necessità dei lavoratori stagionali di trovare alloggi e trasporto sul luogo di lavoro agevola la speculazione dei caporali, che appartengono spesso alle stesse etnie dei lavoratori, come dimostrano i vari procedimenti giudiziari in corso presso la procura di Asti, competente per il territorio delle Langhe e per quello del Moscato, di cui ha parlato il magistrato Francesca Dentis, sostituto procuratore. Nessun procedimento risulta al momento a carico di imprenditori agricoli ma tutti a carico d intermediari di manodopera.
Furlanetto (autrice tra l’altro di un libro  dal titolo “Noi schiavisti”) ha evidenziato anche le responsabilità della Grande Distribuzione, che comprimendo i prezzi all’origine dei prodotti con aste al ribasso rende antieconomico per molte imprese l’utilizzo di lavoro regolare. Ha citato come esempio il caso delle ciliegie “Ferrovia” rovesciate dai camion a Bari nel 2021 per protesta contro il prezzo di 1 euro al kg pagato all’agricoltore per un prodotto rivenduto nei supermercati de nord a dieci volte tanto.
Davide Donatiello, docente di sociologia all’Università di Torino, ha condotto varie ricerche sul territorio piemontese. Nelle Langhe la prima ondata migratoria di lavoratori è stata dai paesi dell’est, in primis la Macedonia seguita da Romania e Albania. In parte hanno formato comunità ormai stabilizzate. Le ondate migratorie più recenti sono invece dal Nordafrica e dall’Africa sub-sahariana (Ghana, Nigeria, Sudan…) Questi nuovi lavoratori hanno spesso un retroterra agricolo ma, al contrario di molti est-europei, nessuna conoscenza di viticoltura. Una criticità  a cui si aggiungono il turnover frequente, e la difficoltà linguistica e culturale che non favorisce una rapida integrazione. La stagionalità del lavoro agricolo da questo punto di vista è un grosso limite perché rende difficile stabilizzare i lavoratori immigrati con contratti a tempo indeterminato. Il che comporta l’impossibilità da parte loro di affittare un alloggio, di dotarsi di un mezzo di trasporto, di ricongiungersi con le famiglie, e quindi il frequente abbandono dell’agricoltura a favore di lavori più stabili, ad esempio nel settore edilizia o delle pulizie. Oppure il rimpatrio se mancano alternative. Un’ipotesi è quella di integrare diverse filiere agricole o agro-forestali, eventualmente tramite strumenti come il contratto di rete, per poter sopperire a questo problema, ma è una ipotesi non semplice da realizzare.
Angelo Perez, Ceo e cofondatore di WECO, ha illustrato il progetto di formazione per lavoratori agricoli “Accademia della Vigna”, patrocinato dal Consorzio di Tutela e da altre istituzioni: un progetto pilota in collaborazione con alcune aziende delle Langhe, che hanno fornito supporto e vigneti didattici dove gli studenti-lavoratori stanno acquisendo e perfezionando le loro competenze, sotto la guida di alcuni tra i migliori agronomi piemontesi specializzati in viticoltura. Il progetto è partito e proseguirà durante tutte le fasi fenologiche della vite, dalla potatura fino alla vendemmia. Le aziende interessate a futuri impieghi di questi operai specializzati (non solo in Piemonte ma anche in altre regioni) o comunque ad acquisire maggiori informazioni possono rivolgersi a progetto@accademiadellavigna.it,  sito www.accademiadellavigna.it.
Il presidente del Consorzio Matteo Ascheri ha fornito alcuni dati di massima sul lavoro agricolo in Langa: circa 4000 operai agricoli, di cui la metà dipendente e gli altri tramite cooperative di lavoro.  A proposito di cooperative, sia Ascheri che Stefano Quadro, Segretario Generale di Confcooperative Piemonte, hanno raccomandato di non confondere la cooperazione con il lavoro irregolare o lo sfruttamento: ovviamente ci sono cooperative virtuose e altre che non lo sono. Il fenomeno delle “false imprese”, cooperative o altre forme societarie, risulta comunque piuttosto serio e diffuso. A livello nazionale solo il 40% delle cooperative è iscritta a una delle associazioni della cooperazione. Non vuol dire certamente che chi non è iscritto sia una falsa impresa, ma sicuramente il sottobosco qui è piuttosto fitto. Secondo Ascheri i problemi della continuità lavorativa, degli alloggi, dei trasporti, richiedono risposte strutturali, non facili, da studiare in collaborazione tra le imprese e istituzioni perché la singola impresa può fare poco.  “Con l’Accademia della Vigna, progetto ideato e coordinato da Weco – precisa Ascheri – abbiamo avviato un percorso formativo per dare modo ai lavoratori di apprendere quelle competenze che possano valorizzarne le professionalità e migliorarne le condizioni. Infine stiamo valutando di dare vita a un soggetto terzo, con la collaborazione di diversi attori, per poter disintermediare la selezione e proporre alle cantine consorziate un interlocutore affidabile e che agisce nel pieno rispetto delle norme”
L’on. Monica Ciaburro, componente della Commmissione Agricoltura della Camera, ha ricordato l’introduzione del principio della condizionalità sociale nella politica comunitaria: le imprese risultanti non in regola con le norme sul lavoro saranno d’ora in poi penalizzate sul sostegno diretto, fino all’esclusione totale dai contributi PAC. (Vedi anche nostro articolo recente).

Tutti i partecipanti hanno ringraziato il Consorzio di Tutela, anche per la sensibilità nel sollevare un tema che solitamente è più caro a sindacati e lavoratori che non alle associazioni di impresa.