di Alessandra Biondi Bartolini
Per diffondere in modo sempre più attento e capillare le conoscenze e la consapevolezza dei rischi di diffusione di vettore e fitoplasma, si è tornati ancora a parlare di Flavescenza Dorata all’Università di Pisa il 27 giugno in una giornata di studio dal titolo “Flavescenza dorata e Scaphoideus titanus: un terribile binomio per il vigneto” che ha coinvolto l’Accademia dei Georgofili con la sezione Centro Ovest , la Regione Toscana e i servizi fitosanitari oltre che gli Ordini e i Collegi professionali.
La situazione in Toscana
Dalla prima comparsa dello scafoideo in Massa Carrara nel 1997 e successivamente della flavescenza dorata agli inizi degli anni 2000 nelle stesse zone, la malattia è rimasta circoscritta al Nord della Toscana fino a pochi anni fa, quando gli esperti hanno cominciato nel 2019 a osservare una sua recrudescenza con una rapida diffusione soprattutto nel 2021 e 2022 anche nei vigneti di alcune zone di elevato pregio vitivinicolo del Chianti e del Chianti Classico, con molte differenze tra le diverse province sia per la presenza del vettore che per la manifestazione della malattia. Con una superficie vitata di 600mila ettari il servizio fitosanitario regionale pur avendo intensificato i controlli di monitoraggio, applica i suoi controlli su non più di 600 ha, il 50% dei quali nello scorso anno è risultato positivo alla presenza del fitoplasma.

Oggi, ha spiegato Nicola Musetti del Servizio Fitosanitario della Regione, sottolineando che nella regione la situazione è ancora di possibile eradicazione della malattia, la Toscana è quindi suddivisa in quattro diverse zone, sulle quali si applicano diversi livelli di intervento per l’obbligo di monitoraggio, lotta al vettore e rimozione delle piante infette:
· una zona infestata con presenza di piante malate segnalate;
· una zona cuscinetto circostante la prima e per un raggio di almeno 500 metri;
· una zona indenne senza presenza accertata di Scaphoideus titanus;
· una zona indenne con presenza accertata di Scaphoideus titanus.
Per conoscere la propria posizione e di conseguenza gli obblighi di lotta e di intervento è fondamentale la base cartografica messa a disposizione dei produttori sul sito del Servizio

Come avvenuto nelle altre Regioni in attesa della pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’Ordinanza ministeriale redatta dal gruppo di lavoro nazionale, sono stati emessi per la stagione in corso dei nuovi Decreti regionali che anticipano alcune delle misure previste nella norma nazionale. Per la Toscana il Decreto dirigenziale 11268 del 30 maggio scorso riporta come principali novità l’estensione delle misure di lotta obbligatoria non solo ai vigneti condotti professionalmente, ma anche alle aree non coltivate e ai conduttori non professionisti, l’estensione a tre anni dopo l’eradicazione dello stato di zona infetta, l’obbligatorietà del monitoraggio (non facile e difficilmente verificabile aggiungiamo) delle forme giovanili e delle forme adulte del vettore oltre che dei sintomi della malattia, l’obbligo di estirpo delle piante infette, l’obbligo di lotta al vettore con un numero di interventi che varia tra le zone (due nelle zone infestate e cuscinetto a conduzione integrata e tre nelle stesse zone con gestione biologica).
Conoscenze e ricerca sul fitoplasma e sul vettore: il punto della situazione

Sebbene il quadro sintomatico, ha ricordato Cristina Nali dell’Università di Pisa, sia ormai ben conosciuto (accartocciamento fogliare verso il basso, consistenza cartacea e diversa colorazione delle foglie che diventano dorate e metalliche nelle varietà bianche e rosse in quelle a bacca rossa, mancanza di lignificazione e consistenza gommosa dei tralci), così come sia nota da tempo la necessità di fare prevenzione alla diffusione della malattia, mancando i mezzi per la lotta e la cura del fitoplasma, occorre non abbassare la guardia e intensificare le attività di sensibilizzazione, formazione e ricerca.
La ricerca si sta concentrando sul vettore, con l’individuazione dei parassitoidi o lo studio degli endosimbionti, sul comportamento come nel caso dei messaggi vibrazionali, la suscettibilità della pianta, l’azione degli induttori di resistenza o la possibile introduzione di caratteri di resistenza con le tecniche di evoluzione assistita, e infine sull’analisi della firma spettrale delle piante malate per il riconoscimento precoce dei sintomi.
Importanti e in corso di approfondimento sono gli studi sulla variabilità genetica e la distribuzione delle popolazioni dei diversi sottogruppi e ceppi di Flavescenza dorata, descritti da Alessandra Panattoni e il coinvolgimento nella loro diffusione di piante ospite diverse dalla vite, come la Clemantis vitalba e altri vettori come Dictiophora europea.

Dell’interazione tra possibili piante serbatoio della flavescenza dorata presenti nei dintorni dei vigneti o nei boschi e altri insetti vettori come Dictiophora o Orientus ishide, che acquisendo il fitoplasma possono, anche se solo occasionalmente, diventare infettivi per la vite, ha parlato anche Bruno Bagnoli dell’Università della Tuscia, che ha richiamato anche la necessità di migliorare e incentivare nei tecnici e i viticoltori la capacità di riconoscimento delle forme giovanili e adulte degli insetti vettore.
Fondamentale in una strategia di lotta efficace risulta sia il controllo delle neanidi e delle ninfe con insetticidi efficaci sia la rimozione delle fonti esterne di adulti infetti, tenendo conto, ha spiegato Andrea Lucchi dell’Università di Pisa, che al quadro già noto si stanno aggiungendo nuove conoscenze sulla longevità (gli adulti più a lungo), la fertilità (fanno più uova) e il periodo di latenza tra il momento dell’acquisizione del patogeno e la capacità di infettare del vettore, giovane o adulto.
Nessuno si salva da solo
Le ultime tre relazioni tenute da Fabio Burroni dell’Ordine degli Agronomi di Firenze, Federico Giovannetti del Collegio Nazionale Agrotecnici ed Agrotecnici Laureati di Pistoia e Massimo Achilli del Collegio Nazionale Periti Agrari e Periti Agrari Laureati di Firenze, hanno sottolineato il ruolo fondamentale dei professionisti come interfaccia tra le conoscenze su patogeni e vettori provenienti dal mondo della ricerca, gli organi di controllo, gli strumenti di lotta messi a punto dall’industria e le esigenze di difesa, intervento e sostenibilità economica e ambientale dei produttori.
Il punto sul quale sono convenuti tutti è che debba passare un messaggio trasversale a tutta la filiera: siamo di fronte a un’emergenza complessa per la quale occorre applicare un approccio condiviso il cui successo nell’eradicare o contenere la malattia dipende dallo sviluppo di sensibilità e responsabilità comuni a tutti gli elementi del sistema.
Ne abbiamo parlato su Millevigne:
