Novembre 2021

Terra Vocata: la ricerca partecipata dei produttori di Castelnuovo Berardenga

L’Associazione di produttori Classico Berardenga che riunisce molte delle realtà produttive del comune in provincia di Siena ha presentato i risultati e le microvinificazioni del progetto realizzato con lo scopo di individuare le peculiarità che rendono questo territorio unico e riconoscibile.

Terra Vocata: la ricerca partecipata dei produttori di Castelnuovo Berardenga

Di Alessandra Biondi Bartolini

Se abbiamo presente il lavoro e il carattere di stratificazione informativa delle zonazioni viticole, Terra Vocata, il progetto sui cru che l’Associazione Classico Berardenga ha presentato il 25 ottobre scorso alla Certosa di Pontignano a Siena, potrebbe rappresentarne un upgrade metodologico. Non solo per la capacità di aver caratterizzato e messo in relazione, suoli, ambienti e qualità delle produzioni di punta delle aziende partecipanti, ma anche e soprattutto per aver individuato e validato un modello di scienza partecipata nel quale tutti, produttori e tecnici, hanno collaborato per raggiungere un risultato da utilizzare insieme.

L’attenzione al suolo, ha raccontato Leonardo Bellaccini, direttore dell’Azienda Agricola San Felice e presidente di Classico Berardenga, è cominciata già nei primi anni di attività dell’Associazione, nata nel 2015 con lo scopo di valorizzare il patrimoni di storia cultura e tradizione del territorio di questo comune, disposto su due ali di colline al confine Sud del Chianti Classico.

Dopo le prime microvinificazioni ottenute dalle uve di terreni diversi presenti sul territorio, quattro anni fa è partito il progetto Terra Vocata arrivato oggi al suo compimento, “non a una conclusione, perché nuovi stimoli potranno partire da qui, ma a un primo step di verifica nel quale possiamo presentare i primi caratteri in grado di accomunare e distinguere i cru aziendali” ha aggiunto Bellaccini.

Il progetto Terra Vocata, realizzato con la collaborazione e il coordinamento scientifico di Ager Agricoltura e Ricerca di Milano e descritto da Luca Toninato, ha avuto lo scopo di caratterizzare in uno studio multidisciplinare i suoli e le caratteristiche viticole ed enologiche dei cru delle aziende che hanno aderito. Una “quasi zonazione” nella quale i vigneti oggetto di studio non sono stati scelti dall’analisi delle mappe dei suoli ma sono quelli già selezionati dall’osservazione e l’esperienza delle aziende, in quanto in grado di dare i loro prodotti migliori.

“A differenza di quanto avveniva nei tanti lavori di zonazione che anche con il nostro gruppo e l’Università di Milano abbiamo fatto, non è stato un team esterno ad andare a fare i rilievi e raccogliere i dati, ma questa attività ha visto coinvolte direttamente le sedici aziende partecipanti che dopo un’attività di formazione e grazie all’uso della APP e del portale Enogis, hanno potuto svolgere tutti i rilievi fenologici e monitorare la maturazione e il vigneto, fornendo dati georeferenziati. E anziché raccogliere le uve e vinificarle all’interno di una cantina di microvinificazione, abbiamo sviluppato un protocollo standardizzato e comune a tutte le aziende, e ognuna ha realizzato le sue microvinificazioni in modo che fossero poi confrontabili .” ha spiegato Toninato.

L’uso degli strumenti informatici e della rete ha poi permesso di migliorare il livello di conoscenza dei vigneti, estrapolando tutte le variabili che li caratterizzano e aggiungendo strati informativi diversi ottenuti dalle foto satellitari di Sentinel 2 per le mappe di vigore e dalle mappe geologiche e di localizzazione e perimetrazione dei vigneti, disponibili nelle banche dati della Regione Toscana.

Tra i suoli prevalenti del territorio del Chianti Classico si trovano i terreni calcarei (calcari marnosi e marne), quelli derivati dal macigno (arenarie) e le argille. Nel Comune di Castelnuovo Berardenga oltre a questi è presente anche un altro suolo, formato da depositi marini di origine pliocenica, dei quali in quest’area si concentra il 74% di tutto il Chianti Classico. Un terreno quindi molto tipico di quest’area sul quale si concentrano peraltro sei dei 22 vigneti oggetto dello studio sui cru.

L’analisi di tutte le variabili ha permesso di definire che la caratteristica che più permette di discriminare i vigneti e i profili organolettici dei vini (che rappresentano già delle selezioni e che quindi esprimono differenze di espressione più che di livello qualitativo per il quale hanno evidenziato una sostanziale omogeneità) sono proprio le quattro grandi classi legate all’origine del suolo (macigno, argille, calcare e depositi marini).

Differenze che si riscontrano sia nelle fasi fenologiche e nella maturazione, anticipata sia nel macigno che nei depositi marini, con la differenza che le uve di questi ultimi conservano anche una maggiore acidità, riscontrata poi nell’espressione della freschezza dei vini.

L’auspicio è naturalmente che uno studio come questo nato dalla volontà dei produttori e grazie al loro impegno e investimento, possa essere di appoggio per aggiungere elementi di dettaglio al lavoro del Consorzio del Chianti Classico, al quale va sicuramente il merito di avere dato un’identità forte di territorio identificandola con la qualità del Sangiovese, un lavoro che affonda le sue radici nella ricerca scientifica già a partire dalla fine degli anni 90, con il progetto Chianti Classico 2000. Un aspetto sottolineato anche da Carlotta Gori, direttrice del Consorzio del Chianti Classico, che ha evidenziato l’importanza di illustrare e far conoscere al consumatore attraverso anche studi come questo, i dettagli di un territorio ricchissimo, senza però mai dimenticare la denominazione e il filo conduttore che unisce tutte le peculiarità del territorio.

Sorprende tuttavia verificare che questa identità, che i produttori di Classico Berardenga hanno ricercato e identificato attraverso la ricerca svolta a partire dal 2015, per conoscere e comunicare i loro vini, risulta però poi divisa a metà nelle UGA, le Unità Geografiche Aggiuntive, approvate la scorsa estate dal Consorzio del Chianti Classico: delle due ali del Comune di Castelnuovo entrambe oggetto dello studio, una potrà riportare la sottozona Berardenga, mentre all’altra è stata assegnata quella di Vagliagli. Alcuni dei produttori protagonisti di Terra Vocata potranno quindi vantare con i loro clienti i dettagli delle peculiarità del territorio di Castelnuovo Berardenga, proponendo loro un’etichetta (per il momento riservata alla Gran Selezione) con una sottozona con un nome diverso. Una scelta spiegata dal Consorzio dall’utilizzo, nella definizione dei confini delle nuove zone, di criteri storici e culturali, che non sempre coincidono con quelli geografici e amministrativi (oltre che scientifici potremmo forse aggiungere?).