di Alessandra Biondi Bartolini
Sono 608 i vitigni iscritti al Registro Nazionale delle varietà di Vite da vino, una biodiversità viticola tra le più ricche del mondo e che si è andata arricchendo di nuove accessioni negli ultimi anni grazie alla ricerca ampelografica e genetica con l’iscrizione di 172 “nuove” varietà. Di queste ben il 67% rientra nella definizione di varietà autoctone italiane secondo quanto previsto dall’articolo 6 del testo Unico del vino 2016: “vitigno appartenente alla specie Vitis vinifera, di cui è dimostrata l’origine esclusiva in Italia e la cui presenza è rilevata in aree geografiche delimitate del territorio nazionale”.
Il nuovo Atlante dei vitigni e dei vini di territorio edito da Edagricole e curato da Alberto Palliotti, Oriana Silvestroni e Stefano Poni raccoglie in un compendio completo e originale, 126 vitigni originari e diffusi su aree a volte molto ristrette delle venti regioni italiane e coltivati su meno di 200 ettari. Varietà rare e dimenticate, ma che gli autori nella loro prefazione invitano a non definire “minori”.
“Non chiamiamoli vitigni “minori” scrivono Palliotti, Silvestroni e Poni “perché l’interesse da parte dei consumatori, nazionali ed esteri, verso i vini prodotti da tali vitigni, è in ascesa ormai da anni. I vitigni autoctoni assicurano originalità, garantiscono narrazioni uniche spesso affascinanti, sono apprezzati dai consumatori giovani ed esibiscono peculiarità enologiche non replicabili altrove”.
Dal Baratuciat della Valle di Susa in Piemonte, alla Nieddera della Sardegna, l’Atlante riporta i vitigni autoctoni italiani, ognuno corredato una descrizione utile per il riconoscimento, i caratteri viticoli e quelli enologici, la storia, le particolarità e i progetti di recupero che li accompagnano. Una storia che parla naturalmente delle tradizioni del passato, ma che si arricchisce con il racconto altrettanto affascinante della loro riscoperta, recupero e conservazione, nei progetti dei quali sono protagonisti i produttori e gli scienziati italiani.
A causare l’abbandono di queste varietà negli anni passati, è stata la difficile adattabilità alla viticoltura e al gusto moderni, maturazioni tardive o scarse, vigoria eccessiva, acidità elevate; caratteri che possono divenire oggi una risorsa, non solo per l’evoluzione del gusto dei consumatori sempre più alla ricerca di prodotti identitari, ma anche per rispondere a condizioni ambientali diverse e più difficili, per reagire alle quali disporre di variabilità e diversità genetica non può che rappresentare un vantaggio. È il caso, per citare soltanto un paio di esempi, dell’Erbamat, varietà della Franciacorta in grado di conservare un buon livello di acidità e le cui caratteristiche si stanno rivelando particolarmente interessanti nel nuovo contesto del cambiamento climatico, o del Tostolello di Amelia che presenta una buona resistenza agli stress idrici e termici.
Per la stesura delle schede i curatori hanno coinvolto i colleghi delle Università, i Centri di ricerca di CREA e CNR, i Centri di sviluppo, sperimentazione, formazione e assistenza tecnica regionali e provinciali, i produttori e i professionisti impegnati nella conservazione del patrimonio viticolo delle varietà autoctone di tutta Italia; ne è nato un lavoro collettivo con un totale di quasi cento autori, la biodiversità della ricerca italiana che accompagna il lettore alla scoperta della biodiversità viticola del nostro paese.
Indice: Vitigni di: Piemonte – Valle d’Aosta – Liguria – Lombardia – Trentino – Alto Adige – Veneto – Friuli-Venezia Giulia – Emilia-Romagna – Toscana – Umbria – Marche – Lazio – Abruzzo – Molise – Campania – Puglia – Basilicata – Calabria – Sicilia – Sardegna.
I Edizione
€ 42,00 – Edagricole di New Business Media srl
ISBN: 978-88-506-5625-7
Pagine 308 – formato 23 x 26,5 cm
Tel. 051.65751 – e-mail: libri.edagricole@newbusinessmedia.it – www.edagricole.it
Alberto Palliotti è professore di Viticoltura presso l’Università degli Studi di Perugia.
Oriana Silvestroni è professore di Viticoltura presso l’Università Politecnica delle Marche.
Stefano Poni è professore di Viticoltura presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.