Maurizio Gily
da ®Merum
Gli induttori di resistenza sono una categoria di prodotti che si è diffusa nella viticoltura degli ultimi anni. Si tratta prevalentemente di sostanza di origine naturale (tra cui estratti di alghe e microrganismi, vivi oppure disattivati) che non hanno un’azione diretta contro i parassiti, ma stimolano la pianta ad attivare i suoi propri meccanismi di difesa. Non sono sufficienti a combattere le malattie quando la pressione dei parassiti è forte, ma consentono di ridurre il numero di trattamenti antiparassitari e i dosaggi, sia in conduzione biologica (dove l’uso del tradizionale rame è oggi limitato per legge) che convenzionale. Gli induttori di resistenza hanno diversi meccanismi di azione, sempre di tipo preventivo, mai curativo: uno di questi potremmo definirlo “attacco simulato”: la pianta riconosce qualcosa di estraneo e attiva i suoi geni di difesa: anche se quell’estraneo è in realtà innocuo, nel momento in cui arriva un vero attacco parassitario la pianta ha già alzato le sue difese ed è in grado di affrontare meglio il vero attacco.
Il forte aumento di interesse verso questi meccanismi di difesa da parte della ricerca, dei viticoltori e dei tecnici si inquadra nell’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dei trattamenti chimici nella coltivazione della vite.
L’esperienza di cui parliamo qui rientra nel campo dell’induzione di resistenza, ma con un meccanismo nuovo chiamato SIGS (spray-induced gene silencing) basato su trattamenti a base di RNA a doppio filamento. (L’RNA, dall’inglese RiboNucleic Acid, è una macromolecola alla base, insieme al DNA, della riproduzione della vita: è implicata in varie funzioni biologiche tra cui il trasferimento dell’informazione per la sintesi delle proteine. Come il DNA, l’RNA è un polimero assemblato come una catena di nucleotidi).
Si tratta di attivare un meccanismo esistente in natura chiamato RNA interference (RNAi) in base al quale alcuni frammenti di RNA sono in grado di interferire con alcuni geni, spegnendo l’espressione di quei geni stessi, che quindi restano inattivi: questo permette di interrompere la sintesi di alcune proteine del parassita, minandone l’aggressività. E’ un meccanismo utilizzato nell’ingegneria genetica per la produzione di piante GM resistenti a parassiti: in questo caso, invece, non c’è nessun intervento sul genoma della pianta, ma questi frammenti di RNA vengono forniti dall’esterno con dei trattamenti specifici.
L’esperienza del gruppo italiano riguarda la difesa del grappolo contro la muffa grigia, provocata dal fungo Botrytis cinerea: è un tipo di marciume che colpisce il frutto sia in campo (soprattutto nel caso di stagioni umide e piovose) che in post raccolta, per la produzione di vini passiti e vini speciali come l’Amarone. La difesa contro la muffa grigia in campo si avvale soprattutto di mezzi agronomici: il fungo si instaura con difficoltà su viti non troppo vigorose e non troppo produttive, e una buona potatura verde per ridurre il ristagno di umidità nella zona del grappolo aiuta molto: ma non tutta la viticoltura europea segue questi principi, e comunque quando il clima è favorevole alla muffa neppure questi mezzi sono sufficienti. Esiste la lotta chimica, con prodotti specifici, che hanno però due controindicazioni: il rischio di residui sul frutto e nel vino, e la facilità con cui il parassita muta, creando ceppi resistenti. Recentemente sono stati introdotti mezzi biologici, in particolare microrganismi antagonisti, parzialmente efficaci.
L’approccio SIGS è diverso. Si sono individuati “target” specifici da colpire nel parassita, in particolare i geni che sintetizzano proteine della parete cellulare, chitina ed ergosterolo, e si è cercato di spegnere la loro funzionalità con molecole di RNA a doppio filamento (cioè molecole di acidi nucleici presenti in natura) con un’azione sito-specifica su quei geni.
L’esperimento è stato fatto in ambiente controllato (serra e piante in vaso) con tre tipi di applicazione, per via fogliare ad alta pressione, attraverso il picciolo e con irrorazione diretta sul grappolo. Il parassita è stato inoculato artificialmente sui grappoli per provocare l’infezione. I risultati sono stati molto incoraggianti, con una riduzione netta dell’infezione sui grappoli in tutti i test, rispetto al testimone non trattato. Questo esperimento apre prospettive nuove nella difesa, non solo contro la muffa grigia, ma potenzialmente contro tutti i funghi parassiti, compresi quindi peronospora, oidio e agenti delle malattie del legno.
Il passaggio dalla fase sperimentale a quella applicativa richiede però una serie di passaggi complessi, sia di tipo tecnologico, per arrivare a una produzione in serie economicamente sostenibile, sia di tipo normativo e di autorizzazione, in quanto si tratta di una tecnologia completamente nuova, in apparenza priva di controindicazioni particolari ma che va comunque soggetta al principio di precauzione, e al monitoraggio di eventuali rischi ambientali.
Il lavoro dei ricercatori italiani è stato pubblicato ad accesso libero e si può consultare direttamente a questo link:
https://www.mdpi.com/2218-273X/10/2/200
Gli autori sono Luca Nerva, Marco Sandrini, Giorgio Gambino e Walter Chitarra, e le istituzioni scientifiche di cui fanno parte sono il CREA, Centro di Ricerca per la Viticoltura ed Enologia del Ministero dell’Agricoltura, L’Istituto per la protezione Sostenibile delle Piante del Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Università di Udine.
La foto in apertura è di Ruggero Mazzilli