Giugno 2023

Undici icone di vino siciliano

Ogni anno Assovini, associazione che raduna un centinaio di aziende d’eccellenza, organizza quello che è considerato l’evento più importante dei vini siciliani

Undici icone di vino siciliano

E. Tosi

E’ quasi impossibile racchiudere nella scelta di alcune simboliche bottiglie un pezzo così importante di storia del vino del nostro Paese quale è stata quella siciliana degli ultimi 30-35 anni. Ci hanno provato due tra i più noti critici enologici della scena italiana, Giampaolo Gravina e Fabio Rizzari all’ultima edizione di Sicilia en Primeur. Ogni anno Assovini, associazione che raduna un centinaio di aziende d’eccellenza, organizza quello che è considerato l’evento più importante dei vini siciliani, una vetrina che porta in degustazione le migliori etichette di una buona parte dei suoi associati (quest’anno le aziende presenti erano 60) e in anteprima i vini dell’ultima vendemmia. Ma per capire in quale direzione stia andando l’enologia siciliana è necessario ricordare cosa è successo prima. L’obiettivo della masterclass “Questione di stile / Icone del vino siciliano” condotta da Gravina e Rizzi era ricordare da dove tutto è partito, cioè da quei tre decenni a cavallo tra la fine del Novecento e gli inizi del Duemila durante i quali il settore vitivinicolo siciliano visse un periodo di profonda ristrutturazione, caratterizzata da grande dinamismo e innovazione. Stimolate da un pioniere illuminato come Diego Planeta con la consulenza di Giacomo Tachis e Attilio Scienza, in quegli anni molte aziende sperimentarono le potenzialità espressive dei suoli siciliani sia piantando vitigni internazionali che varietà autoctone. Lo Chardonnay 2018 DOC Sicilia dell’azienda Planeta, è uno dei vini che ha fatto la storia dell’enologia siciliana contemporanea: oggi non ripropone più quella rotondità un po’ burrosa con note vanigliate e boisé tipiche degli anni Novanta, ma è giusto ricordare che all’epoca seppe imporsi all’attenzione della critica e dei mercati esteri proprio per  l’internazionalità del suo carattere. Altra pietra miliare, l’Etna Bianco Superiore “Pietramarina” di Benanti – DOC Etna, in degustazione con l’annata 2016. A cavallo tra la fine degli anni 80 e gli inizi degli anni ’90, in un momento in cui sull’Etna non c’erano ancora aziende degne di nota, Giuseppe Benanti e il suo consulente enologo Salvo Foti riuscirono a rendere il vino di quest’area  più comprensibile e universale anche a chi all’epoca non sapeva nulla di Etna. A distanza di oltre trent’anni dal suo debutto, il Pietramarina non è cambiato: sapido, affilato, verticale, oggi come allora è un vino inconfondibilmente etneo. Anche il terzo vino era un Etna Bianco, della zona d’elezione di questa tipologia: il Comune di Milo, dove sorge la storica azienda del Barone di Villagrande. Il suo Etna Bianco Superiore DOC Etna 2013 non dimostra affatto la sua età: i vini di “Idda” (“Lei”, come la gente del posto chiama il vulcano) sono longevi come pochi. Sebbene al naso si mostri un po’ chiuso, discreto, con note leggere di erbe di campo, in bocca esprime con equilibrio e grande persistenza la macchia mediterranea e il frutto bianco maturo. Con Faro 2014 dell’azienda messinese Palari si torna ai vini rossi, con uve locali come Frappato e Nero d’Avola. Lo stesso si può dire di un’altra famosa griffe siciliana: Cos, rappresentata in degustazione dal suo Cerasuolo di Vittoria 2010. Un vino fresco, non troppo strutturato, lungo, salino, e con un’ottima bevibilitá.  Con il Ribeca 2008 di Firriato si torna invece ad una interpretazione che un po’ ricorda lo stile rotondo degli anni ’90: “Quando facciamo i conti con le etichette iconiche, dobbiamo in qualche modo richiamare la nobiltà di censo, dove l’aristocrazia terriera spesso giocava d’anticipo” è stato il commento di Giampaolo Gravina. Questo vino infatti è un Perricone in purezza, frutto di un lavoro di ricerca pluridecennale iniziato in tempi non sospetti. Un po’ come fece Tasca d’Almerita con il suo Rosso del Conte 1999 della DOC Sclafani Bagni. Nato inizialmente nel lontano 1970 come “Regaleali Riserva del Conte” da uve di Nero D’Avola con una piccola parte di Perricone, divenne presto per tutti il “Rosso del Conte”. L’annata 1999 non sembra risentire della moda parkeriana di quegli anni: è un vino sapido, fresco, con tannini meno piacioni, decisamente attuale e intrigante per le sue note di chiodi di garofano, china, rabarbaro e aromi mediterranei. Anche quello di Tenute di Rapitalà (oggi nel GIV) è uno dei nomi che hanno fatto la storia della Sicilia enologica dell’ultimo mezzo secolo: il suo Cielo d’Alcamo 2017 (Catarratto  più  Sauvignon Blanc) è una delle molteplici espressioni di passito che si possono trovare in questa regione: un bouquet di fiori secchi, albicocche appassite, frutta gialla che in bocca si arricchiscono anche di note di miele, frutta secca e fichi secchi. Il tutto in una dolcezza molto misurata, che lo rende molto piacevole da bere. Non si può prescindere dal lato dolce della Sicilia quando si parla delle sue espressioni enologiche: gli ultimi tre vini della degustazione sono altrettanti campioni della loro tipologia. Il Passito Ben Rye – DOC Pantelleria di Donnafugata della vendemmia 2016 è un vino che sorprende per la freschezza dei profumi di mentuccia, lavanda, menta fresca, che si ritrovano anche al gusto  con l’immancabile albicocca disidratata e la pasta di mandorle: un vino da dolci secchi, o semplicemente da chiacchiere. Chiusura in bellezza con due celebri esemplari del vino dolce siciliano per eccellenza: il Marsala. Il Marsala Vergine Riserva n.167 Single Barrel 2001 – DOC Marsala di Pellegrino è un vino lunghissimo, entusiasmante, con profumi di note di caffè, cioccolato al latte, mallo di noce e frutta secca, che in bocca si accompagnano a sentori di tabacco biondo, datteri e ancora cacao e caffè. Il Marsala Semisecco Superiore Riserva 2001 di Florio ha  profumi meno esplosivi di uvetta e fichi secchi, che in bocca si accompagnano a ricordi di carruba, liquirizia, miele di coriandolo con una punta di sale. Assaggiandolo sembra di trovarsi sul pontile delle saline marsalesi, di fronte all’isola di Mozia. Un vino evocativo.