Aprile 2020

Venti di crisi sul vino italiano (e mondiale)

Non basta l’aumento dei consumi domestici a bilanciare la chiusura di bar e ristoranti, la caduta dell’export e il crollo del turismo

I dati che circolano in questi giorni relativamente al mercato del vino sono da prendere con una certa cautela, e parlare di numeri è piuttosto rischioso. Ancor più rischioso è proiettare i dati parziali e contingenti del mese di marzo sul bilancio di tutto il 2020.

Le linee di tendenza però sono chiare e sono certamente molto preoccupanti: la chiusura di  bar e ristoranti, in Italia e nel resto del mondo, ha fatto crollare i consumi fuori casa. E anche quando (ed è difficile ad oggi prevedere quando) si potrà gradualmente tornare alla normalità la stagione turistica italiana, che ha un peso enorme sui consumi, resterà ormai compromessa.

Questo dato catastrofico è solo in parte bilanciato dall’aumento dei consumi  nei due principali canali che riforniscono il consumo domestico: la GDO e la vendita online.

Il trasferimento di fatturato dal settore ho.re.ca. (ristoranti ed enoteche) ai supermercati è un trasferimento più di volumi che di valore, poiché mediamente (anche se non sempre) in GDO si vendono vini a prezzi più bassi, e favorisce le grandi cantine a scapito delle piccole e gli imbottigliatori rispetto ai produttori. Per quanto riguarda la vendita online il discorso è più articolato, in quanto la ripartizione in diverse fasce di prezzo è più ampia e l’offerta riguarda soprattutto i produttori.  Un fatto è sicuro: le cantine che prima della crisi avevano già investito con una certa convinzione su questo canale, attraverso strumenti proprietari, oppure attraverso intermediari specializzati, in questo momento  godono di un vantaggio competitivo verso chi questo passo non lo aveva compiuto o lo aveva avviato con piede incerto.

Come sempre accade i momenti di crisi consentono ad alcuni innovatori di spingere l’acceleratore e fare sorpassi su chi è rimasto indietro.

Ma comunque alla fine saranno ben pochi a godere qualche vantaggio da questa fase estremamente difficile.

La previsione di  accumulare nelle cantine pesanti stock di vino invenduto spinge i produttori e le loro diverse organizzazioni a ipotizzare  vari strumenti per mitigare   il danno, dalla riduzione delle rese per il 2020, alla distillazione (pensando anche alla produzione di alcol come disinfettante), allo stoccaggio. E già si richiedono aiuti pubblici per aiutare a riempire tali scenari.

Uno dei pochi segnali cautamente ottimistici arriva dal Consorzio del  Prosecco DOC, che dichiara di non avere scostamenti significativi rispetto alle previsioni negli imbottigliamenti del mese di marzo e nella consistenza delle scorte. A conclusione di un comunicato stampa del Consorzio il presidente Stefano Zanette dichiara: “Per quanto riguarda la Doc Prosecco, si ritiene prematuro adottare misure limitative dell’offerta sia relative alla produzione 2019 che a quella 2020, a meno che, sulla base di dati oggettivi, nei prossimi mesi la situazione non precipiti tanto da richiedere un tempestivo intervento del Consorzio, che si tiene in ogni caso pronto all’eventualità.”