Maggio 2023

Vini no e low alcol, i numeri e le opportunità

I vini dealcolizzati e parzialmente dealcolizzati avanzano sui mercati e riscuotono sempre più interesse da parte del pubblico

Vini no e low alcol, i numeri e le opportunità

Alessandra Biondi Bartolini

I vini dealcolizzati e parzialmente dealcolizzati avanzano sui mercati e riscuotono sempre più interesse da parte del pubblico. I numeri, come ha affermato anche il  direttore generale di OIV Pau Roca nel corso della presentazione dei dati globali 2022, sono ancora piccoli per avere delle stime ufficiali e consolidate, ma i trend analizzati dalle indagini di mercato realizzate in Europa e nel resto del mondo prevedono crescite a due cifre per il vino, gli spirits e i vini aromatizzati senza o con bassi contenuti in alcol, mentre per la birra che domina in questo segmento per volumi e fatturati, si tratta di un mercato ormai maturo.

A guidare la crescita sono driver importanti come il crescente interesse dei consumatori per prodotti senza o con poco alcol, adatti a tutte le possibili occasioni e a una maggiore frequenza di consumo, oltre che l’interesse per lo stile di vita legato al mondo del vino, da parte dei consumatori astemi o di coloro che per motivi di salute, cultura o religione non possono consumare alcol.

“I brand hanno l’opportunità di intercettare coloro che non consumano alcol” ha spiegato Susie Goldspike, responsabile dell’analisi di mercato sulle bevande No-Low alcol condotta da IWSR “Dal momento che ci sono sempre più persone che scelgono di non consumare alcol in determinate occasioni o di evitarlo del tutto, i prodotti senz’alcol incrementeranno sempre più stabilmente al loro presenza tra i consumatori della categoria no-low alcol”, e infatti la maggiore crescita è quella legata alle bevande dealcolizzate più che quelle parzialmente dealcolizzate.

Una fotografia completa sulla situazione, i numeri, le opportunità e i vincoli di ogni segmento (birra, spirits, vino e vino aromatizzato) la scatta l’indagine svolta dalla società italiana Areté per la Direzione Generale Agricoltura della Commissione Europea e i cui dati sono stati presentati recentemente (Gentile et al, 2023).

La produzione di vini no e low alcol rappresenta, sia in valore che in volume, lo 0,4% del mercato del vino europeo, con punte che raggiungono in valore lo 0,8% per la Francia e lo 0,7% per la Germania, mentre la Spagna si attesta sullo 0,4% della media europea e l’Italia scende allo 0,2% e con il 70% del prodotto rappresentato da vini frizzanti e spumanti.

A fare la differenza nella capacità di offerta sono lo sviluppo tecnologico, che permette sempre più di applicare tecnologie in grado di fornire un prodotto piacevole e il più possibile vicino organoletticamente a quello di provenienza, ma anche la disponibilità di etichette e la loro reperibilità.

Ed è in effetti nella scarsità di prodotti disponibili presso i retailer sul mercato italiano che l’indagine di Aretè ha individuato uno dei punti critici che ancora frenano lo sviluppo di questo settore nel nostro paese.

Sulle 489 referenze di prodotti no-low alcol analizzate dall’indagine presso 72 retailer online, 349 sono vini e di questi solo 14 sono italiani a fronte di un’offerta di 62 prodotti francesi, 156 tedeschi, 82 olandesi e 35 spagnoli.

L’incertezza normativa infine che ancora non risolve la discordanza tra la norma europea, che con la nuova PAC introduce le due categorie merceologiche di vino dealcolizzato e parzialmente dealcolizzato e il testo unico italiano del 2016 che non le prevedeva, è l’altro elemento che sicuramente non incoraggia coloro che, tra i produttori italiani,  in questo settore vorrebbero entrare e investire.

Nuovi progetti all’orizzonte per tenere alta la qualità

Qualcosa tuttavia si sta muovendo. E’ stato infatti presentato alcuni giorni fa a Venezia, il progetto  Wine Not?  sviluppato da Marco Tebaldi in collaborazione con lo spinoff universitario Strategy Innovation dell’Università Ca Foscari di Venezia. Lo scopo è quello di unire partner e investitori per realizzare vini dealcolizzati italiani di qualità.

“L’intenzione è di costituire una società fatta da produttori di vino ed eventualmente anche di investitori istituzionali, che si doti della tecnologia più adatta per fare la dealcolazione con il massimo approccio qualitativo possibile, e che lavori poi a regime per i suoi soci ed eventualmente per eventuali terzi, in caso di eccesso di produttività” spiega Tebaldi. “Una produzione di vino italiano di qualità senza alcol, che sia vino ed escludendo quindi tutti i prodotti aromatizzati, che sia italiano –  in quanto questa sarà l’unica indicazione possibile di legame con il territorio, dal momento che i dealcolati non possono avere denominazioni o indicazioni geografiche – e infine che sia un prodotto di qualità, buono e gradevole al gusto e al naso. Questo dipende molto dalla qualità del prodotto all’origine, che deve essere realizzato in funzione dell’obiettivo enologico e della tecnologia di dealcolazione scelta perché anche a seconda della tecnologia che adotti è possibile avere risultati qualitativi diversi”.

Un polo di condivisione dell’investimento e della tecnologia più avanzata quindi ma non solo, nell’idea dei suoi promotori la nuova struttura dovrebbe anche costituire un hub di condivisione di conoscenza, dove i soci possono trovare le necessarie informazioni e la consulenza per progettare i vini destinati alla dealcolazione fino da vigneto, e dove si condurranno gli studi di mercato per posizionare e qualificare i prodotti al giusto prezzo e sui mercati più recettivi, allo scopo di generare il massimo valore aggiunto possibile dal vino senz’alcol.

Fonti:

European Commission, Directorate-General for Agriculture and Rural Development, Gentile, E., Gentile, M., Loi, A.et al., Study on low/no alcohol beverages – Final report, Publications Office of the European Union, 2023, https://data.europa.eu/doi/10.2762/315469

 

Di vini no e low alcol ne abbiamo parlato su Millevigne.it: