Settembre 2019

Vino biologico, export in USA

Il principale punto critico è l’anidride solforosa.

Vino biologico, export in USA

Negli Stati Uniti il vino biologico è regolamentato dal NOP, National Organic Program, la certificazione europea non è valida, a meno che non sia integrata da una seconda certificazione specifica che molti enti di certificazione italiani sono in grado di offrire.

Le norme americane sono più restrittive. Innanzi tutto ci sono due categorie di “organic”:

Organic wines (vini biologici). La categoria prevede una severa limitazione sulla SO2, meno di 10 mg/l. Quindi in pratica solo i vini senza aggiunta di solfiti possono rientrare in questa categoria: e non sempre, perché spesso i solfiti prodotti dai lieviti stessi eccedono questo limite. Il problema si potrebbe aggirare utilizzando ceppi di lieviti selezionati basso-produttori di solfiti, che potrebbero anche garantire fermentazioni più sicure: ma questo cozza con la dottrina della fermentazione spontanea, abbracciata dai produttori di vini “naturali”, che non si identificano con i vini biologici ma ne sono un sottoinsieme con regole più stringenti: quindi si crea un cortocircuito che anche molti produttori americani contestano (per fare biologico non posso fare naturale?). Altre limitazioni riguardano i sali ammoniacali, la tiamina cloridrato e in genere tutti i coadiuvanti e additivi non derivanti da processi biologici (ad esempio acido tartarico ammesso solo se estratto da uva).

Wines Made With Organic Grapes (vini da uve biologiche). La differenza principale riguarda appunto i solfiti, che possono essere presenti fino a 100 ppm. Ma non è consentito l’uso del metabisolfito di potassio, quindi solo anidride solforosa in forma gassosa o in soluzione acquosa. Per le piccole cantine la gestione di un gas in bombole da dosare in linea rappresenta un problema. Si possono bruciare le pastiglie di zolfo ma è una tecnica che va bene per volumi molto piccoli, ad esempio per una barrique o un’anfora. Si ricorre quindi in genere a soluzioni acquose vendute in taniche, che devono essere usate nell’arco di pochi mesi.

Recentemente è stato progettato e commercializzato un generatore di biossido di zolfo a combustione di zolfo. Una “macchinetta” adatta all’uso delle piccole cantine progettata in Francia da Philippe Gourdon e prodotto oggi in Italia con alcune modifiche. Spiega l’esperto di biodinamica Ivo Bertaina, di Agribio Piemonte, che commercializza l’apparecchio: “La soluzione gassosa è molto più fine e ricettiva che non l’immissione come sostanza minerale nel vino, seppure si sciolga molto bene in acqua. Usando una immagine antroposofica potrei dire che il gas si scioglie meglio con “il calore spirituale” del vino della soluzione minerale, in quanto il fuoco che brucia e dissolve lo Zolfo fa sublimare le sue parti più “pesanti” e si unisce all’Ossigeno: in questo modo si scioglie la parte più fine e più “sulfurea” e si lega molto meglio al vino…”