Di Elisabetta Tosi
L’uso dei fitofarmaci, la pressione antropica sugli ambienti rurali, e ora anche il cambiamento climatico stanno mettendo a dura prova benessere e sopravvivenza delle api. Di Apoidei antofili, la superfamiglia di imenotteri che conta quasi 30 mila specie diverse nel mondo, e di cui fa parte anche la nota ape da miele europea (Apis mellifera) si è parlato di recente nel corso del simposio “Interazioni Sostenibili”. L’incontro, tenutosi all’Hotel Torre del Barone di Sciacca (AG), era organizzato dalla Fondazione SOStain Sicilia.
SOStain è il programma di sostenibilità per la vitivinicoltura in Sicilia promosso dal Consorzio Vini DOC Sicilia e da Assovini Sicilia; ad oggi ne fanno parte una quarantina d’aziende che hanno scelto di misurare attraverso il protocollo SOStain il proprio impatto sull’ecosistema, con l’obiettivo di ridurlo adottando buone pratiche in vigna, in cantina e in tutta l’organizzazione. Periodicamente, la Fondazione organizza dei momenti di confronto e di aggiornamento con esperti italiani e internazionali per fare il punto della situazione in materia di sostenibilità: questa volta il tema era incentrato sulla vitivinicoltura green e sulla diffusione di buone pratiche in ambito multidisciplinare. Un argomento, quest’ultimo, che non poteva ignorare il fondamentale contributo che tantissimi piccoli “collaboratori con le ali” danno alla vita e al monitoraggio dell’ambiente: gli insetti, in particolare le api, appunto. A parlare del loro ruolo e delle minacce che oggi devono fronteggiare è stato chiamato il naturalista, apicoltore, entomologo e divulgatore Paolo Fontana, ricercatore presso la Fondazione E.Mach di S.Michele all’Adige (TN) e presidente, tra l’altro della World Biodiversity Association.
“In Italia ci sono più di 1000 specie di insetti definite “api” e non tutte sono mellifere – ha esordito Fontana – Tutte, però, sono ‘serve della gleba’ dell’impollinazione: le api sono fiori con le ali, e i fiori sono api con le radici”.
Il ruolo delle api in vigneto
Ma qual è il rapporto tra le api da miele e le vigne? “Le api amano molto la pianta della vite – ha dichiarato il ricercatore – Non la danneggiano perché non sono in grado di ferire l’acino: approfittano solo di quelli che sono già feriti, e così facendo in un certo senso li risanano. Se un acino fessurato è già stato attaccato dalla Botrytis, per esempio, l’infezione non procede se viene visitato da un’ape”.
Ciò di cui invece le api approfittano sempre è il polline delle viti: per questo gli eventuali trattamenti nei vigneti non vanno fatti durante la fioritura, perché tra tutti gli impollinatori, le api (mellifere e non) sono gli unici a nutrirsi esclusivamente di esso, fin da quando sono delle semplici larve. “Il polline in genere si forma in parti molto esposte dei fiori, e per la sua microstruttura complessa e composizione chimica si comporta come una specie di spugna in grado di assorbire tutto quello che c’è nell’ambiente – ha continuato Paolo Fontana -. Un’ape mellifera bottinatrice è capace di coprire distanze anche di molti chilometri dal suo alveare per raccogliere polline. Questa capacità di raccogliere, immagazzinare e in alcuni casi elaborare sostanze che trovano nell’ambiente, e la facilità con cui noi possiamo accedere a certi prodotti dell’alveare (polline, nettare, cera) rende le api degli efficientissimi raccoglitori di campioni per analisi di laboratorio che rivelino la presenza di contaminanti”. Non solo: la presenza e la vitalità delle api in un ambiente può dirci molto della sua salubrità: questi insetti infatti non possono sopravvivere in un’area inquinata da pesticidi e priva di un’adeguata biodiversità vegetale. “Con la loro raccolta del polline le api ci dicono quali specie hanno visitato, e quindi in quali ambienti sono state – ha spiegato il relatore – Oggi gli strumenti d’analisi permettono di rilevare anche tracce minime di prodotti che hanno effetti più o meno tossici anche sulle api: si è così dimostrato che la riduzione di longevità delle api dipende dal livello di tossicità dei residui nei pollini raccolti”. Viceversa, più numerose e vivaci si mostrano le varie api autoctone e stanziali in un’area, più quell’ambiente si rivela “pulito”, incontaminato, a tutto vantaggio del suo livello di sostenibilità. In conclusione, e sia pure in misura diversa, tutte le specie di Apoidei – stanziali, mellifere o no, allevate o no – possono essere considerati irrinunciabili collaboratori di un’azienda agricola, o viticola. Del resto, anche quando viene allevata l’ape da miele rimane pur sempre un animale selvatico e soprattutto autoctono in Italia ed in Sicilia. Anzi, in questa regione è presente anche con popolazioni geneticamente diverse, come l’Apis mellifera siciliana, la famosa “ape nera”, una sottospecie locale che presenta degli adattamenti unici all’ambiente siciliano e ha un ruolo chiave nell’impollinazione della flora endemica regionale. Proteggere gli impollinatori, e in particolare api come queste, è fondamentale per non perdere un tassello fondamentale sia degli ambienti naturali della Sicilia, che di quelli agrari.